
di Pino Di Blasio
Tanto tuonò che piovve. Il consiglio d’amministrazione di Banca Mps ieri ha approvato il piano strategico 2021-2025, che sarà trasmesso al Ministero dell’Economia. Toccherà al ministro Gualtieri avviare un confronto con la Commissione Europea. Il concetto chiave del piano è che è stato elaborato tenendo conto degli impegni assunti dal Governo, nel Piano di ristrutturazione 2017-2021 e ribaditi nel decreto firmato dal presidente Conte a ottobre. "E’ opportuno - scrive il consiglio di Rocca Salimbeni - avviare un processo di dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero nel capitale sociale di Mps, da realizzare con modalità di mercato e anche attraverso operazioni finalizzate al consolidamento del sistema bancario". Non ci sono vincoli a ipotesi aggregative, il piano strategico del Monte punta a mantenere sostanzialmente l’attuale modello operativo e l’infrastruttura tecnologica della banca, guardando alla prossima fusione con altri gruppi.
Tutto è rinviato ad altri attori, dal ministro Gualtieri alla Bce, dalla Commissione Europea al futuro partner acquirente. Ci sono due numeri che brillano nel piano Mps: il fabbisogno di capitale che balla da 2 a 2 miliardi e mezzo di euro e i 2.670 dipendenti da tagliare. Entrambi hanno bisogno di una legenda esplicativa. L’operazione Hydra con la cessione di 1.066 milioni di patrimonio, gli accantonamenti e i bilanci in perdita, provocheranno uno shortfall patrimoniale sotto i minimi richiesti: 300 milioni in meno il 31 marzo 2021, 1 miliardo e mezzo a gennaio 2022. Servono oltre 2 miliardi subito, chi dovrà metterli e come sarà spiegato nel capital plan che il Monte presenterà alla Bce entro il 31 gennaio.
Sempre a gennaio, ma il 19, è stata convocata una nuova seduta del consiglio d’amministrazione che, oltre a fissare la data dell’assemblea per il bilancio 2020, predisporrà gli interventi sul capitale che saranno poi mandati alla Bce. E sarà quello il giorno in cui la nebbia potrebbe diradarsi sul futuro del Monte dei Paschi.
Passando ai dipendenti, il numero magico 2.670 è il risultato della sottrazione tra gli esuberi complessivi e le nuove assunzioni programmate. Se passerà, grazie all’utilizzo massiccio del Fondo esodi, la logica di un nuovo contratto ogni 2 uscite volontarie dalla Banca, gli esuberi potrebbero essere anche 5.400. Il numero che spaventava sindacati e politici, dalla Fabi al presidente della Regione Giani.
Tutto questo significa che quello che hanno votato ieri i consiglieri del Monte è un piano inutile? Niente affatto. Il board ha fissato i paletti, ha anche elencato scelte fondamentali da fare nei prossimi mesi. Come focalizzare il business sulla clientela chiave, quella che dà meno rischi e assorbe meno capitale. Tradotto, significa che la banca farà meno corporate e più retail, darà meno affidamenti a grandi imprese e molti più mutui e prestiti alle famiglie.
Saranno privilegiate iniziative che creeranno valore rapidamente, con pochi rischi. E ipotizzando gli attuali livelli di tassi di interesse e un Pil in discesa per almeno 3 anni. Il bilancio di Mps dovrebbe tornare in pareggio nel 2022 e in utile netto a partire dal 2023. Tutte strategie finalizzate a passare un Natale tranquillo, in attesa di eventi.
"Nessuna decisione è stata presa fino ad ora" hanno replicato ieri dal Ministero dell’Economia. Confermando solo che sono in corso "le attività necessarie per dare attuazione alla decisione del Governo di vendere". Da parte di Unicredit il solito "no comment" e il ribadire che il board ha escluso "operazioni dannose per la sua posizione di capitale". Ma per quanto Sileoni della Fabi parli di "primo tempo di una partita complessa", è evidente che l’assenza di vincoli a ipotesi aggregative e la scomparsa di piani ’stand alone’, visto il richiamo agli impegni del Governo a vendere, accelerano la fusione con Unicredit. Se ne riparlerà da gennaio, dopo un Natale tranquilli in lockdown.