Estati sempre più calde, terreni sempre più secchi e poi piogge sempre più intense. E a ogni stagione le conseguenze colgono ‘di sorpresa’. C’è poco da sorprendersi, invece, secondo i dati, che parlano chiaro ormai da parecchio tempo. E il professor Silvano Focardi li ha raccolti e messi a confronto, in libro uscito per Betti Editrice e intitolato ‘Il Clima che cambia’. In questo lavoro l’ex rettore dell’università di Siena, ordinario di Ecologia, e anche preside di facoltà e direttore di dipartimento, ripercorre in un’analisi approfondita gli ultimi dati internazionali sul valore della temperatura e la modificazione degli eventi meteorologici, mettendo ancora una volta in risalto la necessità di puntare su uno sviluppo più sostenibile.
I dati incrociati "mettono in evidenza la necessità che la società proceda il più velocemente possibile verso un modello di sviluppo che posa essere sostenibile per il nostro pianeta", spiega il professore. Eppure, nonostante l’evidenza dei numeri, la questione del cambiamento climatico è ancora divisiva. Perché negare il fenomeno? "Io non credo che venga negato il fenomeno – spiega il professore – quanto piuttosto il fatto che il fenomeno sia opera dell’uomo. Perché nel passato ci sono stati eventi simili. Ci sono state glaciazioni, per esempio, oppure aumenti di temperatura. A Siena spesso si fa riferimento all’anomalia climatica che c’è stata nel Medioevo, con un riscaldamento. Ma quello che ha di straordinario il fenomeno oggi è la rapidità con la quale questo cambiamento avviene. L’accelerazione. Se negli ultimi cinquant’anni la temperatura ha avuto un aumento così significativo la causa è legata all’industrializzazione, all’uso eccessivo di combustibili fossili, all’incremento demografico di una popolazione mondiale che ha superato gli otto miliardi con il conseguente aumento del fabbisogno energetico".
Proprio sulle fonti di energia, l’accademico ha sempre insistito molto, indicando nello sviluppo delle ‘rinnovabili’ una via da percorrere. E se è ancora possibile dire che ‘Non tutto è perduto’ è proprio grazie alla ricerca scientifica.
"La situazione è grave – conclude il professore – ma c’è ancora la possibilità di intervenire, attraverso le tecnologie disponibili, per contribuire a favorire quella che è la grande capacità di recupero dei sistemi naturali. Ce lo dimostra per esempio la resilienza dei sistemi marini, attaccati dall’inquinamento, o il rapido sviluppo di un deserto fiorito dopo anni di riposo assoluto".
Riccardo Bruni