di Laura Valdesi
Molti hanno gettato la spugna. Perché non c’è stato il ricambio generazionale, i giovani non vogliono saperne di fare gli artigiani. Ma anche per via della concorrenza della grande distribuzione e del costo degli affitti, unitamente al peso della tassazione. Ecco le ragioni per cui dal 2012 ad oggi, nell’ultimo decennio, anche nella nostra provincia sono scomparsi dal circuito produttivo ben 2121 artigiani. Vale a dire il 20,5% del totale a fronte di un calo nazionale che si attesta al 17,4%. Nel 2012 gli imprenditori erano complessivamente 10.326 nel Senese, attualmente risultano 8.205. A svelarlo è un’indagine dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che pone la nostra provincia al 27° posto della classifica preceduta in Toscana da Lucca (-27,2%), Massa Carrara (-25,3%) e Pistoia (-23%). Alla 32° posizione si trova invece il territorio aretino dove si sono persi 3225 artigiani, pari al 20% di quelli presenti.
Un quadro preoccupante, che è tuttavia sotto gli occhi di tutti da tempo, sia di chi vive a Siena sia di quanti abitano nei paesi della provincia. Perché le botteghe che qualificavano il paesaggio urbano, oltre ad offrire un servizio, lentamente hanno abbassato la saracinesca. "Sono ridotte al lumicino – si legge nella ricerca – le botteghe che ospitano calzolai, fabbri, falegnami, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e tv, tappezzieri, sarti, solo per fare alcuni esempi. Attività che hanno contraddistinto la storia di quartieri e vie, dando un’identità ai luoghi nei quali operavano. Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione sono quelli del benessere e dell’informatica". Spuntano acconciatori, estetisti e tatuatori da un lato, sistemisti, addetti al web marketing, esperti in social media dall’altro. Nuove attività che non compensano la perdita degli artigiani storici. L’indagine che ha riguardato tutte le province italiane, rileva tra l’altro come "negli ultimi 40 anni ci sia stata una svalutazione spaventosa del lavoro manuale" mentre servirebbe un irrobustimento anche a livello scolastico e sul versante dell’alternanza scuola-lavoro. Ma, come detto, i giovano non sono interessati a questi settori mentre anche quanti non hanno raggiunto l’età anagrafica o i contributi necessari per la pensione, spesso chiudono la partita iva e vanno a fare i dipendenti. Meno preoccupazioni e più sicurezze.