REDAZIONE SIENA

Drappellone che viene da lontano: "Il tufo unisce la terra al cielo. La Vergine ferma le pallottole"

Riccardo Manganelli dedica la sua opera alla Madonna di Provenzano: "Che ci protegga". Il barbero dipinto è quello che arriva in Contrada. "Volevo fare la stellina di Topolone ma ci ho ripensato".

Riccardo Manganelli dedica la sua opera alla Madonna di Provenzano: "Che ci protegga". Il barbero dipinto è quello che arriva in Contrada. "Volevo fare la stellina di Topolone ma ci ho ripensato".

Riccardo Manganelli dedica la sua opera alla Madonna di Provenzano: "Che ci protegga". Il barbero dipinto è quello che arriva in Contrada. "Volevo fare la stellina di Topolone ma ci ho ripensato".

di Laura Valdesi

SIENA

"Un senese, un contradaiolo, uno di noi", dice il sindaco Nicoletta Fabio. E Riccardo Manganelli, incassato l’applauso della città, ammette "che per un senese che ha vissuto la Contrada da generazioni, realizzare il Palio è qualcosa che va al di là dell’emozione e del naturale orgoglio. Emergono sensazioni difficilmente esprimibili a parole, ho provato a renderle con pennello e colori". Le radici, nella vita di Manganelli, hanno rappresentato la stella polare. "La genesi di questo lavoro viene da lontano , parte da nonno Adige e mamma Giuliana che, da pittori (sicuramente migliori di me) quali erano, mi hanno insegnato ad usare prima il pennello che a leggere e scrivere. E continua attraverso mio babbo, Giuliano, da cui ho appreso i rudimenti dell’architettura e la profondità degli spazi prospettivi. E nello stesso tempo, oltre ad acquisire la tecnica, da loro imparavo anche i valori e il rispetto che permeano Contrade e Palio". Un amore, valori, che ha riversato nella seta.

Riccardo Manganelli, i senesi hanno applaudito il suo Palio. Soddisfatto?

"Adesso sì, le ore prima le vivi gioco forza in modo strano. E’ molto emozionante la fase che precede la presentazione. Poi Siena è una città strana, non sai mai quello che viene fuori".

Un dettaglio del Drappellone a cui è legato e del quale vorrebbe che i senesi si accorgessero?

"In particolare no, ho cercato di bilanciarlo. E se mi togli una cosa perde di significato l’altra. Se si guarda meglio ci sono diversi tipi di precisione nella pittura a seconda di ciò che volevo tirare avanti e lasciare indietro. C’è necessità di tutto l’insieme, altrimenti non funziona".

Parlando della Madonna di Provenzano ha detto che per lei ha un valore fortissimo e particolare: è non solo la Vergine che ferma le pallottole ma punisce chi spara contro figure inermi. Il mito fondante, queste le sue parole, in questo caso prende il sopravvento sul fatto realmente accaduto e diventa testimonianza di pace che dissolve ogni mostruisità.

"Se ci protegge mi fa piacere. Credo che ce ne sia bisogno, se poi non c’è necessità meglio. Stiamo vivendo una situazione non bellissima, noi ce l’abbiamo in casa. Che ci aiuti".

Un cavallo come tanti che anche lei ha accarezzato: è stato preso come riferimento un barbero del passato?

"Ci volevo mettere la stellina di Topolone, poi non l’ho fatto. Non è un cavallo preciso. Avevo bisogno che avesse un muso rilassato. La prima cosa che fa un bambino quando arriva in Contrada è accarezzarlo".

E’ il cavallo che arriva nella stalla dopo l’assegnazione, non quello vittorioso.

"Il cavallo che vince sarà poi quello che arriverà davvero primo al bandierino".

La dedica del Palio?

"E’ dedicato alla Madonna di Provenzano. Le dediche sono intime, non si fanno".

Possibile che sia stato messo un segno nascosto, come spesso fanno i pittori?

"No, si rivolgerebbe contro. Neppure sotto tortura. Non c’è nulla. Anche per quanto riguarda i simboli delle Contrade mi sono attenuto strettamente all’ordine alle trifore".

Perché la scelta di questo terra di Siena che pervade il Cencio?

"Parte dall’alto al basso, dalla terra al cielo. E’ un colore che ci accompagnerà anche dopo, l’idea era questa. Quando non ci saremo più. Questa tinta rappresenta un punto di contatto tra noi e i vecchi contradaioli che non ci sono più".

Ha usato una terra di Siena dell’Amiata.

"Esatto, originale dell’Amiata. Te la fai da solo perché non si trova. Il fondo è proprio con questa, con il giallo che ricorda il tufo".

Gli stemmi delle Contrade sono stati un po’ rielaborati?

"Seguono l’araldica ma li ho rifatti tutti. Mi è sempre piaciuto il bestiario, ho cercato di rivisitarlo. La Pantera, per esempio, un animale che adoro: avevo bisogno di fare un felino vero, cattivo. Anche il Bruco l’ho realizzato differente. Li ho tutti rivisti".

Durante la pittura del Drappellone il momento difficile?

"Il volto della Madonna, molto serio, doveva essere fatto bene. E il cavallo non doveva dare la sensazione di tensione, ma far capire che è al sicuro".

Niente dediche, ha detto Manganelli, però ha citato nonno Adige e i suoi genitori.

"Beh, prima di prendere la penna mi hanno insegnato il pennello".