
Di Jullo e i cavalli che danzano sul tufo "Palio dedicato a mio figlio Federico"
di Laura Valdesi
SIENA
"Buona battaglia a tutti", augura ai senesi il ’diciottino’, così si definisce Roberto di Jullo. "Pittore dei cavalli che danzano", lo pennella Duccio Balestracci, raccontando la storia di un Palio "che – spiega emozionato il maestro – vuole essere contributo alla vostra storia millenaria. Ho steso ogni tratto sulla seta con devozione e rispetto". Grazie anche a Tommaso Andreini, che il Drappellone l’ha realizzato già nel 2016 e "che mi ha invitato nel suo studio perché potessi immergermi in un contesto delicato di tradizioni (intervista ad Andreini su www.lanazione.itsiena), pieno di umanità e di tutto quello che serve per avere fede nel Palio". Poi un momento di commozione quando ricorda quella rosa blu accanto alla Vergine. Che reca sui petali le iniziali dei nomi della moglie Paola e del figlio Robert. Proprio la rosa che sul suo profilo facebook pubblica per ricordare il figlio scomparso prematuramente in un incidente stradale, Federico. Cavaliere che alza il dito al cielo: sulle spalle proprio la lettera ’F’. "A lui dedico il Palio", annuisce a presentazione conclusa.
Maestro di Jullo, i cavalli che irrompono nel Drappellone sembrano forzare il canape.
"Sono i cavalli i protagonisti, del resto ’cifra’ della mia arte che ho prestato ai senesi. Mi hanno voluto bene, sono venuto qui appositamente per dedicarmi all’opera in questa aria così pregna di significati e tradizioni".
Barberi dinamici, sembra che siano otto.
"In realtà sono tutti e dieci".
Ed un unico cavaliere.
"Il cavaliere in genere ha una spada in mano ma era troppo forte. Poteva avere una rosa ma rischiavo di riferirla a qualche Contrada. Allora ho preferito l’indicazione".
Il cavaliere dunque rappresenta suo figlio.
"Che indica la devozione alla Madonna".
Cosa ricorderà di questo momento?
"L’attenta affezione che hanno avuto i senesi per me in questi giorni. Si attendevano nel mio Palio un collegamento iconografico a questa figura spesso disattesa: il cavallo".
La rappresentazione delle Contrade è singolare.
"Le donne hanno assunto una ovularità capace di contenere anche queste belle rappresentazioni araldiche come sintesi. Sono donne delle Contrade, semplici".
Il colore che prevale è il giallo.
"Non credo proprio, è la tinta della terra. Del tufo".
Perché la scelta di Montaperti?
"E’ collegata alla forza dei cavalli che sostituivano i cavalieri armati e forti. Davano la sensazione dell’antica battaglia a Montaperti dove ho visto questo cippo bellissimo che mi ha emozionato. E infatti sta nel Drappellone".
Dedica per concludere a Federico.
"Sempre (gli occhi diventano lucidi, ndr)".
Un Drappellone che va assaporato con attenzione, quello di Di Jullo. Che ha voluto inserire anche gli stemmi della sua terra: la Regione Molise dove è nato, di Pescocostanzo centro in cui lavora, ovviamente la balzana di Siena che l’ha accolto e lo stemma della Regione Toscana. Ad applaudire Di Jullo anche un altro tassello della storia di questo artista di altri tempi, il presidente emerito dell’Accademia della Crusca Francesco Sabatini, "dominus della lingua italiana che nel 2001 – svela Balestracci – commissionò a di Jullo una delle tradizionali accademiche ’pale’". E che oggi andrà con il pittore del Drappellone a Firenze, proprio alla Crusca, dove gli verrà consegnato un riconoscimento per aver realizzato il Palio con i cavalli che danzano.