
’Cento domeniche’. I crac delle banche visti dalla parte delle vittime: "Piace anche ai ciechi"
La forza del cinema oltre il grande schermo, quando l’emozione corre sul filo dei sentimenti ma, soprattutto, quando qualcuno tra il pubblico descrive quel film con una profondità tale da commuovere. E lo fa senza aver visto le immagini, perché i suoi occhi non glielo consentono, ma ascoltando con attenzione le parole di ogni scena, ogni sussulto, ogni silenzio. È stata una serata di grande cinema, quella al Garibaldi di Poggibonsi, dove Antonio Albanese è stato ospite della storica e gremita sala di Via della Repubblica con il suo film ’Cento domeniche’.
Una storia di ingiustizia legata alle banche. E come si legge nei social del Garibaldi, "forse più bello di un film è quello che succede dopo il film, quando c’è la gente che applaude, quando senti sulla pelle le emozioni, tue e degli altri spettatori, quando parte un bravo, un grazie". Dopo la proiezione Antonio Albanese, in duetto con Mario Lorini, ha incontrato il pubblico. In ’Cento Domeniche’, uno dei volti più noti del cinema italiano, si presenta sia come regista che interprete. Un’opera dedicata agli operai, ai lavoratori, a tutti i dimenticati, quelli che la società considera gli "ultimi", ma che, lo stesso Albanese ritiene "i primi, le persone che sostengono il Paese". Molte le curiosità e le domande, tra cui quelle di una signora, grande appassionata di cinema, che ha notato che nel cast c’erano solo attrici libere da interventi chirurgici di carattere estetico in quando "la naturalezza – ha sottolineato – proprio convince".
Il film è molto cupo, le scene esterne sono state girate sempre senza sole, con il cielo sempre nuvoloso. Tra gli aneddoti che Antonio Albanese ha raccontato c’era anche quello che un giorno hanno aspettato ben tre ore fino a che dal cielo il sole fosse nascosto da nuvole. "Il cinema deve sorprendere – spiega Albanese – e io da spettatore amo farmi sorprendere, nel film stiamo raccontando una cosa estremamente semplice che è la provincia dove il sogno di quest’uomo è promuovere il matrimonio della figlia e noi stiamo percorrendo dei tempi in cui può essere trasgressiva questa cosa, siamo alla ricerca di cose impossibili e uno dei grandi temi del nostro tempo è la noia, condizionati da mille cose".
Non ultimo il rapporto del protagonista con la mamma, in uno studio dei ruoli fatto con molta cura. Albanese racconta di quando sono riusciti a trovare un appartamento adatto per le riprese a patto di poter buttare giù un muro. La proprietaria ha fatto subito retromarcia ma alla fine, rassicurata che alla fine sarebbe stato ricostruito tutto come prima e che in cambio avrebbe avuto anche il bagno tinto di rosa, ha accettato. Il film racconta la storia di Antonio, ex operaio, che, con i risparmi di una vita, vuole regalare un ricevimento da sogno per il matrimonio di sua figlia Emilia. La banca di cui è cliente ha investito i suoi soldi in azioni che perdono tutto il loro valore fittizio. L’impresa di pagare il matrimonio si rivelerà sempre più ardua. La fabbrica che si vede è quella dove ha lavorato veramente Antonio Albanese. Il film è stato in parte girato a Olginate, paese di origine del regista, dalle parti di Lecco.