Un viaggio di ritorno, un fuori programma in una splendida isola, alla scoperta di una comunità di monaci di cui si dicono strane cose. E poi, le invasioni barbariche, il tramonto di un’epoca. Di questo racconta ‘L’isola dell’ultimo ritorno’, il romanzo di Folco Giusti, già ordinario di zoologia all’Università di Siena, Primiceri Editore.
Membro del consiglio direttivo dell’Accademia dei Fisiocritici e presidente onorario della Società Malacologica Italiana, al rigore del ricercatore scientifico ha sempre accompagnato una passione per la storia.
L’altro suo grande amore è un’isola, in un certo senso la vera protagonista del romanzo, Capraia. Dove tra l’altro si svolgono le vicende di una precedente raccolta di racconti, intitolata ‘Un’isola da amare’, con la quale, nel 2004, ha ricevuto il Premio Castiglioncello-Costa degli Etruschi.
"La storia parte da un fatto reale – racconta l’autore –: il ritrovamento di due scheletri vicino a un’antica chiesa, a Capraia. Uno dei due aveva una cintura decorata, una spada e un pugnale. Il secondo punto di partenza è un’altra storia vera, quella raccontata dal praefectus urbi Claudio Rutilio Namaziano sul suo viaggio, quando lascia Roma per tornare in Gallia. Parte da Fiumicino, costeggia la Toscana. Ma prima di proseguire attraverso la Liguria, ho immaginato una visita a Capraia, per conoscere una primitiva comunità di monaci, malvista dagli ambienti pagani di Roma".
Un posto con il quale l’autore ha un legame profondo. "Ci sono cresciuto, è un angolo del mio cuore. Mio padre era ufficiale dei carabinieri e ha passato tutta la sua vita migrando da una città all’altra. Per tanti anni ha prestato servizio sull’isola e io ho vissuto lì la mia infanzia. Un legame rimasto molto stretto".
È stato l’amore per Capraia a portarlo sulle tracce di questa storia, quel resoconto di viaggio, raccontato da Namaziano nel ‘De reditu suo’, tradotto per Einaudi ne ‘Il Ritorno’ da Alessandro Fo, professore ordinario di letteratura latina all’Università di Siena, che ha curato la prefazione al libro di Giusti. "Con il professor Fo ci siamo conosciuti proprio attorno a questa storia – racconta Giusti –. Quando gliene ho parlato, è stato lui a spronarmi a scriverla". Namaziano è costretto ad abbandonare Roma per via delle invasioni barbariche, un evento che ha sempre avuto una forte carica metaforica.
"Anche noi viviamo un tempo simile a quello – conclude Giusti – e assistiamo in un certo senso alla fine di un impero. Le invasioni barbariche sono anche il nuovo che viene. Quei disgraziati arrivavano dal profondo nord per cercare condizioni di vita migliori. Non erano ostili, ma dovevano conquistare terre in cui sistemarsi. E spesso riuscivano a convivere in modo tranquillo".
Riccardo Bruni