
Rinviata a giudizio la maestra che avrebbe dovuto sorvegliare la piccola Lavinia, di appena sedici mesi, finita invece nel parcheggio dell’asilo a cui i genitori l’avevano affidata, convinti che lì sarebbe stata al sicuro. Seguita con amore e attenzione. La bambina venne investita da un’auto e da allora si trova in stato vegetativo. Una storia drammatica che vede da un lato l’inchiesta sfociare in processo per la maestra e la conducente della vettura, dall’altro due genitori – il padre è Massimo Montebove, poliziotto di Chiusi anche se ora vive nel Lazio – combattere un’altra battaglia. Quella per trasmettere calore e dolcezza alla piccolina, per assicurarle le cure che permettono di non perdere (mai) la speranza e superare i momenti di sconforto perché Lavinia, comunque, è ancora insieme a loro.
La maestra titolare dell’asilo ‘La fattoria di mamma cocca’ di Velletri dove il 7 agosto 2018 fu investita da un’auto la bambina di appena 16 mesi, come detto ancor oggi in stato vegetativo, è stata rinviata a giudizio per il reato di abbandono di persone minori che prevede la reclusione fino a 5 anni. Il gup del tribunale veliterno, Emiliano Picca, ha dunque accolto in pieno la richiesta del pubblico ministero Giovanni Taglialatela che aveva chiesto il rinvio a giudizio per il reato previsto dall’articolo 591 del codice penale.
Secondo l’accusa, infatti, quella mattina Lavinia si trovava senza la supervisione di alcun adulto nel parcheggio prospiciente al nido famiglia, pur essendo stata affidata alle cure della maestra nelle ore precedenti, e veniva investita dalla vettura condotta dalla madre di una delle bambine che frequentavano il nido. La maestra, inoltre, è accusata di aver abbandonato a loro stessi tutti i minori presenti nella struttura, allontanandosi per tentare di soccorrere Lavinia.
Rinviata a giudizio anche l’investitrice per lesioni personali stradali gravissime perché, si legge, ‘alla guida dell’autovettura per negligenza e imprudenza non si avvedeva della presenza della minore nei pressi del cancello di entrata’.
Una vicenda, quella di Lavinia, che oggi vive a casa assistita 24 ore sui 24 dai genitori col supporto di medici, infermieri e terapisti, che ha colpito e segnato 2 anni fa la comunità di Velletri, di cui è originaria la mamma Lara Liotta, e quella toscana di Chiusi, paese del padre Massimo Montebove. Dopo oltre un anno di indagini e alcuni ritardi legati all’emergenza Covid, è arrivato il rinvio a giudizio con la prima udienza del processo calendarizzata il primo aprile 2021.
"Vive e sopravvive strappata a una vita normale, perché Lavinia – scriveva tra l’altro il padre in una lettera toccante inviata nel 2018 a La Nazione – era una bambina di 16 mesi sana e con una straordinaria energia, con la sola prospettiva, ad oggi, di un futuro da bella addormentata e di un mare di problemi di salute. Purtroppo non basta e non basterà un principe innamorato per risvegliarla perché i danni al cervello, considerando che la testa è stata schiacciata quasi totalmente dalle gomme della vettura, sono considerati dai medici gravissimi, estesi e irrecuperabili. Vivo e sopravvivo anche io, assieme alla sua mamma e al suo fratellino che chiede spesso della sorella addormentata e al quale non sappiamo dare grandi risposte. La morte è un incubo, il coma e la sua naturale evoluzione, lo stato vegetativo, sono un inferno in terra. Un pena senza fine, un ergastolo della vita che ogni giorno ti richiama al dolore, uno stravolgimento per una famiglia che, come tante, aveva il solo obiettivo di andare avanti e far crescere i figli".