Chiusa l’inchiesta sulle baby bulle. Sono 11 le ragazzine senesi nei guai

La procura contesta reati che vanno dagli atti persecutori alla diffusione di immagini pedo-pornografiche Una vittima derisa e indicata come scimpanzé: c’è stata incitazione anche all’odio razziale

Polizia (foto di archivio)

Polizia (foto di archivio)

Siena, 4 aprile 2023 – Bulle. Una baby gang organizzata e ’in rosa’, di sole femmine. Spietate. Aggressive. Che si divertivano a pubblicare sui social le loro bravate. Soprattutto pestaggi e aggressioni messi a segno dopo aver attirato le vittime in centro (e non solo) con una scusa. Che prendevano in giro con frasi razziste coetanee finite nel mirino magari proprio perché non italiane. E per il loro aspetto fisico. Tutte ragazzine di Siena, tranne tre che pur nate in un altro Paese vivono in città. Tutte minorenni, tra i 14 e i 17 anni. Era stata la Squadra Mobile a svelare l’esistenza della baby gang ’ in rosa’ ed il suo comportamento sopra le righe dopo la denuncia di una giovanissima che era stata picchiata fra aprile e ottobre 2021. Adesso la procura della repubblica presso il tribunale dei minorenni di Firenze ha concluso l’inchiesta inviando l’avviso di conclusione indagini a 11 ragazzine (erano dieci quelle inizialmente indagate) cinque delle quali assistite dall’avvocato Maria Teresa Fasanaro, mentre quella che viene indicata come la leader del gruppo si è affidata ad Alessandro Betti. Delle baby bulle si occupano anche gli avvocati Ierardi di Roma, Paolo Bufalini, Andrea Pierozzi di Perugia, Giuliana Falaguerra e Angela D’Andrea di Napoli. Le 11 indagate devono rispondere, a vario titolo, di reati che spaziano dalle lesioni agli atti persecutori, dalla sostituzione di persona alla diffusione illecita di immagini a contenuto sessuale e di minacce.I legali stanno valutando se presentare adesso memorie oppure chiedere di essere ascoltate.

L’inchiesta ha consentito di inquadrare in maniera più nitida, cristallizzando i comportamenti, un fenomeno che un anno fa suscitò scalpore a Siena ed ebbe risonanza nazionale proprio perché ad agire erano solo ragazzine. Grazie alle indagini e ai risultati ottenuti dall’esame dei loro cellulari, è stato possibile ricostruire come agiva il branco. Erano state loro stesse a definirsi ’baby gang’ in un gruppo whatsapp. Ne avevano combinate di tutti i colori. A partire dall’aggressione dell’ottobre 2021 da parte di cinque di loro nei confronti di una coetanea avvenuto nel sottopassaggio di piazza Gramsci. Il fatto incredibile era che ad assistere, come se fosse uno spettacolo divertente, c’era un nutrito gruppo di ragazzi. La vittima prescelta era stata picchiata, buttata in terra, le avevano tirato i capelli. Una sorta di lezione data davanti a tutti. Non solo questo. C’era chi nella baby gang si divertiva a rendere la vita impossibile alle coetanee. Che minacciavano sui social, contro cui usavano parole offensive paragonandole in un caso ad uno scimpanzè. Senza contare i video delle botte di cui le adolescenti erano involontarie protagoniste, naturalmente pubblicati. Stavano male, le vittime. Si sentivano umiliate. In un caso, come inizialmente emerso dall’inchiesta, la presunta leader della baby gang rosa era arrivata al punto di creare un account spacciandosi per un’altra postando immagini della vittima con indosso solo la biancheria intima. Ma c’è stato anche chi, secondo la procura, ha diffuso sulle chat del gruppo foto pedo pornografiche, oltre a minacciare di botte una ragazza se solo fosse andata fuori dalla sua abitazione. Teatro delle aggressioni era stata anche Taverne d’Arbia, oltre a varie zone di ritrovo nel centro di Siena. In questo periodo molte delle indagate hanno svolto nuove attività, venendo seguite dai servizi sociali e cambiando anche le compagnie, oltre e ricevere un supporto psicologico.