Le ragazzine che picchiavano le coetanee sotto torchio in procura

Faccia a faccia a Firenze per quattro giovanissime senesi finite nell'inchiesta dei pestaggi

Un’aggressione (fonte Questura)

Un’aggressione (fonte Questura)

Siena, 30 aprile 2022 - Mai si sarebbero aspettate tanta veemenza. Una paternale. Di più: una lavata di testa come forse non avevano finora avuto dai loro genitori. E’ stato molto duro il sostituto procuratore presso il tribunale dei minori Filippo Focardi con le quattro adolescenti convocate a Firenze insieme ai loro avvocati, perché coinvolte nel caso della baby gang al femminile. Che picchiava coetanee dopo averle attirate, a volte, in agguati con una scusa. Un gruppo che stava in contatto via chat, postando sui social i video delle aggressioni. Commentando. Con tanto di ’pubblico’ che guardava senza impedire la violenza. Quelli che la procura dei minori di solito definisce ’bulli secondari’.

Non è stato un interrogatorio vero e proprio, piuttosto un colloquio. Sebbene tutt’altro che morbido. Con un duplice obiettivo: riuscire a delineare al meglio i loro ruoli in questa vicenda intrisa di aggressività, visto che la partecipazione delle studentesse viene declinata in maniera diversa dalla squadra mobile che ha condotto l’inchiesta. Al contempo far prendere loro coscienza che se non fossero intervenuti polizia e procura fermandole, si sarebbe potuto superare un limite pericoloso.

Fra le quattro minorenni finite sotto il ’torchio’ del sostituto Focardi c’era anche una quattordicenne considerata dagli investigatori una sorta di leader delle baby bulle. "Il colloquio è durato circa un’ora", conferma l’avvocato Alessandro Betti che la segue. "Ha chiarito le varie situazioni – si limita a sottolineare –, poi il procedimento minorile avrà il suo percorso prettamente connesso all’ambito sociale con i servizi territoriali. Attendiamo fiduciosi l’inizio".

Parla di colloquio "che serve alla procura per valutare non tanto i fatti accaduti ma soprattutto le misure da adottare per la rieducazione" l’avvocato Maria Teresa Fasanaro che assiste un’adolescente finita nell’inchiesta e ora quasi 17enne. Anche nel suo caso si è cercato di capire l’atteggiamento della minore rispetto a ciò che gli veniva contestato. "La procura svolgerà approfondimenti – prosegue – per individuare eventuali responsabilità di ciascuno visto che non si tratta di casi fotocopia. Quello che ci si attende dal tribunale, poiché la situazione è socialmente grave, è un percorso che consenta il reinserimento e la rieducazione. Facciamo grande affidamento nella procura dei minori. Le prossime mosse? La presa in carico da parte dei servizi sociali, poi attendiamo l’evolversi della situazione rispetto alla quale sono fiduciosa".

Registra "una linea molto dura del magistrato con la ragazza", anche l’avvocato Angela D’Andrea che assiste un’altra delle baby bulle. Un atteggiamento costruttivo, in realtà, volto all’obiettivo del recupero. A fare in modo che ciò non accada di nuovo. Forse solo ieri le adolescenti si sono rese conto di cosa è davvero successo. "Sarà seguita dai servizi sociali – prosegue il legale – e ho comunicato che monitorerò personalmente il percorso della giovane". Dunque compagnie diverse, attività ludiche, introspezione, maggiore impegno a scuola. Se serve anche un supporto psicologico.

"Mi è piaciuto lo spirito con cui il magistrato ha affrontato il colloquio – osserva l’avvocato Andrea Pierozzi di Perugia –, più che sul piano giuridico direi sociale". Per far comprendere anche a chi, magari, viene chiamato in causa per situazioni meno importanti che esiste un concorso morale. E che se si mette un ’like’, parlando in linea generale, ad un video che esprime violenza si rafforza l’idea che chi ha agito sta facendo qualcosa che non è sbagliato. Un percorso di educazione digitale, ecco quello che serve e che faranno le baby bulle.