
L’adattamento dell’opera di Bizet nello scenario monumentale della Fortezza Firmafede a Sarzana. La Rotonda Vassallo diventa invece il palcoscenico di ‘Cantar per scherzo, bittersweet Lasso’.
Il Lerici Music Festival si prepara alla serata clou. La Fortezza Firmafede di Sarzana accoglie stasera, alle 21.30, ‘La Tragédie de Carmen’, adattamento dell’opera di Bizet firmato da Peter Brook e Marius Constant. Nei 150 anni della prima assoluta di ‘Carmen’, solo quattro cantanti-attori e un ensemble strumentale essenziale, la Lerici Music Festival Orchestra, diretta da Gianluca Marcianò. Con la regia di Dmitry Krimov, la protagonista è il grande soprano Carmen Giannattasio; con lei Leonardo Caimi (Don José), Enrico Di Geronimo (Escamillo) e Melinda Hughes (Micaela). Sempre stasera, alle 20.30, la Rotonda Vassallo di Lerici diventa il palcoscenico di ‘Cantar per scherzo, bittersweet Lasso’, con le voci di Martha Rook, Cora Mariani, Neri Landi e Lorenzo Tosi.
Qual è stato il primo impatto con questo personaggio tanto amato e controverso?
"’In nomen omen’. Era destino, forse, – dichiara Giannattasio – che affrontassi anche questo ruolo che, di solito, è cantato dai mezzosoprani ma che nell’attuale maturità vocale, ora posso e sono felice di interpretare. Non è solo un ruolo musicale per me, è un manifesto della femminilità, della libertà femminile, della libertà di scelta, della libertà in amore, della libertà a tutto tondo".
Quali sono le principali sfide in un adattamento che lavora per sottrazione?
"Il mio ruolo e la vocalità rimangono costanti in entrambe le versioni. Ciò che cambia è che ci sono parti tagliate o proprio inesistenti, come il quintetto o i finali, ma anche per questo forse questa versione è addirittura più difficile".
C’è più spazio per scavare nelle emozioni e nel legame tra Carmen e Don José?
"Essendo una versione ‘concentrata’, anche scevra di personaggi di contorno, alla fine i sentimenti vengono fuori in maniera più evidente. Tutto è basato sull’attitudine fisica, vocale e attoriale".
Come ha lavorato sull’evoluzione psicologica del personaggio in rapporto al taglio registico di Krimov?
"Credo che se esiste un ruolo che non ha alcuna reale evoluzione psicologica, questo sia proprio Carmen. Lo dimostra all’inizio e anche alla fine quando dice: ‘libre l’è nait e libre le morrat’, ossia ‘libera è nata e libera morirà’. Una persona che quasi si immola nel momento finale quando arriva Don Josè, che è una figura di un uomo ossessionato, fin troppo simile agli assassini dei femminicidi che riempiono purtroppo le pagine della nostra cronaca odierna".
Per questo parla di ‘non evoluzione’?
"Donna libera all’inizio della piece: ‘Quando vi amerò? Non lo so, può darsi domani, può darsi giammai, ma sicuramente non oggi’, donna libera alla fine, quando anche di fronte al suo destino, non si lascia piegare".