di Luigi Caroppo
PRATO
Professor Leonardo Bianchi, due anni senza Gastone Simoni, faro della Chiesa dell’impegno e immersa nel sociale. Che messaggio ci ha lasciato?
"Quello di coltivare, con feconda determinazione fondata sulla Speranza della Resurrezione ed aperta a donne e uomini di vera buona volontà, un disegno di condivisione e responsabilità sia sul piano della cultura politica ed istituzionale, sia su quello dell’azione corrispondente, alla luce dell’insegnamento sociale cristiano inteso nella sua interezza. Va riacquisito che le ragioni della condivisione sono superiori a quelle delle divisioni e, pertanto, capaci di sintesi delle differenze nel pluralismo; ed operare di conseguenza".
La sua eredità ricca di contenuti è stata raccolta o quantomeno è seme che germoglia? "Raccoglierla con spirito di iniziativa è compito di ciascuno e di tutti quanti avvertiamo l’energica spinta esortativa di don Gastone, che ha lungamente arato e seminato i campi della ricerca del massimo comun denominatore dell’impegno pubblico, sociale e politico dei cattolici, in quanto caricati di una responsabilità propria. Un cristiano non può permettersi il “lusso” della rassegnazione, pur declinata sulla base di un principio di realtà, e consentire che la luce che ha portato don Gastone per tutta la vita si spenga. Testimoniare la Speranza esige, invece, di corrispondere a quella domanda “gridata” di buona politica, ad oggi chiaramente espressa, ad esempio anche dal crollo dell’esercizio del diritto di voto".
Liberi ma non dispersi, il titolo del libro in cui parlava del potenziale politico dei cattolici che non avevano più riferimenti certi ma che avevano molto da dire. È stato profetico?
"Sì, ma ha integrato questa visione profetica con l’adoprarsi fattivo. Anzi, proprio muovendo dalla visione di questo libro, da ultimo don Gastone progettava un’edizione aggiornata (“Liberi, ma il più uniti possibile”), perché riteneva la mancanza di dispersione un passo necessario, ma di per sé non più sufficiente, alla luce dei segni dei tempi. Va consapevolmente accettato il venir meno del “dogma” dell’unità politica dei cattolici purchessia, ma a maggior ragione occorre rinunciare al “dogma” della diaspora e della divisione nella vita pubblica come variabile indipendente di qualsiasi iniziativa. E parecchi questa rinuncia non sono disposti a farla, ma, anzi, quest’ultimo “dogma” lo teorizzano. E’, invece un valore essenzialmente spirituale a sorreggere anche il concetto di Costituzione e la stessa legalità, in modo da affermare il riconoscimento di una concezione del diritto non come un comando che si impone su di una platea di destinatari passivi, ma piuttosto come ordinamento di una civiltà".
Simoni è stato sempre attento al mondo del lavoro. La globalizzazione prima e il precariato poi hanno mostrato che si tratta di un tema fondamentale del terzo millennio.
"Tanto più per la nostra Repubblica, che sul lavoro per Costituzione è fondata: anche le innovazioni tecnologiche come l’algoritmo e l’IA vanno riportate al servizio della centralità della persona umana, per non correre il rischio di esacerbare le diseguaglianze o di crearne nuove. L’estensione che le nuove tecnologie portano nelle vite personali esige un Supplemento d’Anima ed un rinnovato senso del dovere insieme alla tutela dei diritti fondamentali.
E Prato è stato anche modello di inclusione come voleva Simoni. Che direbbe ora a fronte di una città in cui ogni giorno ci sono 4 cinesi in più e i giovani fanno pochi figli?
"Occorre dar corpo al principio costituzionale di promozione della famiglia anche nell’interesse delle future generazioni e configurare nuovi equilibri a misura d’Uomo che tengano conto delle trasformazioni della società".