MARIA LARDARA
Cronaca

Anche Picasso al Museo del Tessuto. Una mostra in omaggio a Bertini

Oggi l’inaugurazione di "Io sono quello che ho donato" per ricordare il padre fondatore della galleria che quest’anno compie 50 anni. In esposizione tessuti, maioliche rinascimentali e rari libri d’artista del ’900.

La presentazione della mostra «Io. sono quello che ho donato»

La presentazione della mostra «Io. sono quello che ho donato»

Mentre soffiano venti di guerra prende il magone allo stomaco pensando a cosa fece uno squattrinato Picasso nel 1937, pochi mesi prima del bombardamento di Guernica: mise in vendita a Parigi la sua opera, "Sueño y mentira di Franco", manifesto antifranchista con due tavole illustrate, per raccogliere fondi a sostegno delle Brigate internazionali. A ricordarcelo è un pregiato libro del maestro cubista fra i 22 gioielli cartacei provenienti dalla Biblioteca nazionale di Firenze che fanno parte della mostra "Io sono quello che ho donato", da oggi fino al 21 settembre al Museo del Tessuto. Mai titolo fu più azzeccato per rendere omaggio al collezionista Loriano Bertini, padre fondatore del museo pratese nell’anno in cui questo spegne 50 candeline ed è impegnato a portare avanti un ricco programma espositivo che culminerà in autunno nella mostra dedicata ad Alaïa e Balenciaga. Impegno lodevole nell’attuale clima di incertezza che si è venuto a creare anche per le istituzioni culturali cittadine.

Ma ieri mattina al Museo del Tessuto era il momento di celebrare memoria e bellezza, di spargere semi di gratitudine e generosità restituendo alla città ciò che a questa ha dato il Bertini, imprenditore tessile, colui che amava parafrasare la celebre frase di Gabriele D’Annunzio ripresa da Seneca, "Io ho quel che ho donato", sottolineando la gioia per il gesto del dare. "Pensiamo che questi semi di generosità debbano essere trasmessi alle nuove generazioni", sottolinea il direttore Filippo Guarini. Correva il 1975 quando Bertini volle donare 612 frammenti fra velluti italiani dal Quattro al Settecento, damaschi, broccatelli e lampassi: fu il primo nucleo del Museo del Tessuto che trovò casa dentro l’istituto Buzzi. "È fatta di casualità la storia della prima collezione tessile con cui si è costituito il museo, acquisita da Bertini nei primi anni Settanta dopo l’incontro con l’antiquario fiorentino Salvino Salvadori", racconta la curatrice Daniela Degl’Innocenti. Non solo una mostra: a Bertini è stata intitolata la sala dei tessuti antichi affinché – si legge sul pannello esplicativo - "la sua generosità sia di esempio per la nostra città e per il mondo intero". "In ogni donazione c’è sempre un lascito di responsabilità – osserva Fabia Romagnoli, presidente della Fondazione Museo del Tessuto - Ci sembrava doveroso il ricordo di Bertini e questo omaggio diventa ancora più significativo nel momento complesso che stiamo vivendo in città". E per ricambiare tanta generosità, la mostra allestita con la preziosa collaborazione della Biblioteca nazionale centrale di Firenze intende valorizzare i principali interessi collezionistici di questo mecenate che fu generoso anche verso il Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, il Museo di Palazzo Davanzati e del Bargello, il Museo delle ceramiche di Faenza e Montelupo: in mostra non solo tessuti antichi, ma anche maioliche rinascimentali, rare edizioni d’arte e il meglio dei libri acquisti dalla Biblioteca nazionale di Firenze nel 2000 (in trent’anni Bertini raccolse circa 4.500 libri d’artista). Per la prima volta a Prato, 22 piccoli capolavori d’arte sotto forma di volumi a tiratura limitata, in cui è facile riconoscere il tratto distintivo di Mirò nella serie "Costellazioni" oppure nel cofanetto "Jazz" di Matisse. E poi Dalì, Duchamp, Isgrò, Capogrossi e Fontana per immergersi nell’arte del secondo Novecento. "Non capita tutti i giorni di entrare in una sala e vedere insieme tutti questi nomi – fa notare la direttrice della Biblioteca nazionale Elisabetta Sciarra - Ci è sembrato naturale riportare la collezione a Prato, nel luogo in cui è nata". La chicca che non t’aspetti? Come ci ricorda il curatore del catalogo David Speranzi, una è senz’altro "Das Werk", un librino di Frans Masereel, considerato il padre della graphic novel.

Maria Lardara