Prato, 13 agosto 2025 – “Beautiful”. “Bellissimo”, dicono James e Olivia, una settantina di anni, vengono dall’Inghilterra, bermuda, maglietta e smartphone con gli occhi al cielo mentre entrano nel Duomo. La cappella della cintola, il pulpito esterno che hanno già potuto ammirare. Dopo di loro entrano altri due turisti mentre una famiglia di tre persone, si muove verso via Garibaldi. È una giornata calda, il centro è svuotato. I negozi, ormai come una cartolina ingiallita, sono aperti a macchia di leopardo: le catene sì, molti locali a gestione familiare hanno già appeso il cartello “chiuso per ferie”. Non solo botteghe: anche diversi ristoranti hanno abbassato la serranda.
La fotografia è sempre la stessa, ogni agosto: pochi visitatori – una decina, a occhio ieri – non abbastanza da giustificare la rinuncia alle ferie nel mese più caldo. Tant’è. Da anni le associazioni di categoria parlano di un salto di qualità possibile per la città. “Prato ha tutte le carte in regola”, si dice. Ma non ha ancora la mentalità – né soprattutto i flussi turistici – per trasformarsi da città industriale votata al lavoro in meta vitale e vivace.

Palazzo Pretorio, Museo del Tessuto, Museo Pecci, Opera del Duomo, Castello dell’Imperatore: luoghi identitari che potrebbero essere motori di richiamo. Potrebbero, appunto. Il progetto della Dmo, il manager del turismo, iniziato e poi brutalmente interrotto con la caduta della giunta, ha dato il colpo di grazia a un’estate già piatta, orfana anche dei concerti di settembre, che pure generavano indotto.
La Dmo, con una figura dedicata al settore, resta la carta da giocare per tentare il salto di qualità, forte dei risultati ottenuti con il turismo industriale e, come certifica l’ultimo rapporto Irpet, con eventi che hanno portato persone e generato economia: il Capodanno cinese, mostre, sport, percorsi sulla Prato medievale e industriale, la Via Medicea.
Ma è indubbio che i mesi estivi restino un tallone d’Achille: la città chiude per ferie, si svuota dei pratesi e non si riempie di turisti. Nemmeno l’inserimento dei musei pratesi nella Firenze Card sembra funzionare: solo cinque visitatori al mese al Museo di Palazzo Pretorio.
A confermare che si tratta di una stagione “stanca” è Sauro Venturi, presidente di Federalberghi Prato: “Il numero delle presenze non deve essere confuso con il numero di arrivi: è un dato fine a se stesso, bisogna capire quante notti restano le persone. Se arrivano più visitatori ma restano meno giorni, il risultato è negativo. L’incremento di cui si parla tanto è in parte falso: con l’introduzione del Cin (il codice che identifica ogni struttura ricettiva) è emerso anche il sommerso, cioè presenze che prima non venivano dichiarate. Quindi l’aumento non corrisponde a un reale incremento di flussi, ma a una migliore rilevazione. Anche a Firenze c’è stato un calo di presenze e un ribasso generalizzato dei prezzi, persino in agosto. Per quanto riguarda i turisti – stranieri o italiani – spesso si tratta di gruppi che si fermano una notte, due al massimo”.