
Luca Martinelli giornalista e scrittore con l’ex sindaco di Prato Marco Romagnoli in occasione della presentazione del suo libro
Questo l’intervento dell’ex sindaco di Prato, Marco Romagnoli Quello che segue è un sintetico riassunto di vicende giudiziarie che hanno interessato l’amministrazione pratese, su cui basare alcune considerazioni. All’inizio del 1993 scoppiò la "tangentopoli pratese", che provocò la caduta della giunta. Il fatto eclatante fu l’incriminazione e poi l’arresto del segretario Psi Saverio Risaliti, assessore comunale, accusato di finanziamento illecito al partito, cui si aggiunsero gli avvisi di garanzia per i membri del consiglio dell’Ente Comunale di Consumo e l’incarcerazione del direttore, a seguito di una denuncia. Fatti che si vennero ad intrecciare con vicende precedenti, di cui erano stati protagonisti due assessori socialisti, Gambassi e Iannelli, il primo accusato per aver modificato una delibera del comitato di gestione della Usl alcuni anni prima, e il secondo per tangenti. Dopo un procedimento durato molti anni furono tutti prosciolti, ad esclusione di Iannelli che venne condannato. La questione dell’Ente Comunale di Consumo approdò alla Corte di Strasburgo, che sentenziò il caso di mala giustizia e dispose il pagamento dei danni a favore delle persone così a lungo ingiustamente imputate. Nel 1994 furono inquisiti Magnolfi, assessore regionale alla sanità, e Benelli, ex assessore, che venne incarcerato, per presunte tangenti legate all’acquisto di lettori ottici. Magnolfi patteggiò, Benelli dopo molti anni fu scagionato per non aver commesso i fatti. Nel dicembre 2011 il sindaco Roberto Cenni venne raggiunto da un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta, per i debiti accumulati precedentemente al 2009 dalla Sasch. Cenni non si dimise e addirittura nel 2014 si presentò di nuovo come candidato a sindaco. Nel luglio 2015 venne rinviato a giudizio e nel settembre 2016 patteggiò una condanna a due anni, con la condizionale. Nel 2017 vennero indagati Biffoni e Gestri, in qualità di ex presidenti della provincia, per il fallimento del Creaf, con l’accusa di bancarotta semplice aggravata. Nel 2022 vennero assolti perché “il fatto non sussiste”, sentenza confermata nel maggio 2025. Nel febbraio 2025 vennero indagati i sindaci di Prato, Biffoni, e di Montemurlo, Calamai, per l’alluvione del novembre 2023, con ipotesi di omicidio colposo e disastro colposo, insieme a molti tecnici. Un atto dovuto per i due anziani deceduti ed i danni del disastro, l’istruttoria è ancora in corso. Dunque, in oltre 30 anni si sono avute varie inchieste che hanno portato ad una condanna e a due patteggiamenti, a fronte di decine di amministratori inquisiti. Indubbiamente la magistratura ha fatto il proprio lavoro, riconoscendo la realtà dei fatti. Il contesto giuridico stabilisce la presunzione di innocenza e tre gradi di giudizio, offrendo dunque garanzie agli inquisiti. I problemi si pongono su due aspetti: la relativa facilità di rinvio a giudizio (nei casi riportati avvenuto evidentemente su basi poco solide) ed i tempi dei procedimenti. Si tratta di aspetti rilevanti per chi viene indagato, che spesso deve affrontare un percorso lungo, difficile e costoso, nonché un’esposizione mediatica spesso devastante. Come semplice cittadino mi permetto alcune considerazioni; in primo luogo la necessità di un momemto (assolutamente interno alla magistratura) di valutazione sull’operato dei giudici inquirenti, perché è evidente che, se la maggioranza degli imputati viene poi assolta, significa che il processo avrebbe potuto essere evitato con una istruttoria seria e approfondita, risparmiando problemi ai cittadini, aggravio di lavoro per i giudici e costi per la collettività. In secondo luogo la lunghezza dei tempi, assolutamente inaccettabile. Su questo indubbiamente pesano due fattori: il sottodimensionamento degli organici e l’eccessivo numero di leggi, talvolta contraddittorie, (nessuno sa quante, secondo il Ministro Nordio oltre 250.000) che rende ancor più laborioso formulare istruttorie e giudizi. La vera riforma, rivoluzionaria, della giustizia italiana sarebbe quella di semplificare, sfoltire, rendere chiare le norme, potenziare gli organici in funzione di una certezza sulla qualità del lavoro e dei tempi (brevi) di giudizio. Oggi in questa difficile situazione si trova la sindaca Bugetti, cui va riconosciuta come a chiunque la presunzione di innocenza, augurandole una fase istruttoria seriamente fondata e celere, al contrario di quanto è avvenuto nei casi precedenti.