Sfruttamento e impiego al nero: "La normalità sono 12 ore di lavoro"

Luca Toscano (Sudd Cobas) parla del sistema malato che affligge una parte della produzione. Operai stranieri ricattati e costretti a turni massacranti. "Commistione con la criminalità organizzata".

Sfruttamento e impiego al nero: "La normalità sono 12 ore di lavoro"

Una delle tante manifestazioni dei Sì Cobas per chiedere l’adeguamento del contratto e salari più equi

Picchetti, scioperi, manifestazioni sfociate nemmeno troppo di rado in aggressioni. Dal 2018 i Si Cobas, di recente trasformati in Sudd Cobas, attraverso il suo rappresentante Luca Toscano, denunciano lo sfruttamento all’interno del distretto. Un modo diverso di fare sindacato (a Prato i Cobas prima di sei anni fa non erano presenti) che ha portato a forme di protesta, anche estrema, con picchetti giorno e notte.

Toscano, come sta il distretto pratese dal punto di vista della legalità?

"Sta ancora male. Quando abbiamo iniziato la nostra attività nel 2018 la media delle condizioni di lavoro, soprattutto nella filiera del pronto moda, era di 84 ore settimanali per 900 euro al mese".

Le vostre battaglie hanno portato a risultati concreti?

"L’effetto generale che hanno avuto le nostre battaglie è stato quello di alzare i salari in maniera importante: oggi sono superiori a 1300 euro, ma resta il problema dei turni di lavoro. 12 ore al giorno per sette giorni, questo continua ad essere la normalità".

Migliori stipendi, ma persone sfruttate?

"I lavoratori hanno ottenuto dei benefici indiretti con il miglioramento delle condizioni salariali, ma siamo ancora molto lontani da quella che dovrebbe essere la normalità, ci sono centinaia di aziende che ancora non applicano il contratto nazionale. Non esiste un salario giusto per 12 ore al giorno di lavoro, esiste un lavoro giusto che in molte aziende del distretto di Prato ancora è una chimera".

Gli imprenditori si approfittano delle condizioni di precarietà sociale?

"È un sistema che si alimenta della ricattabilità della forza lavoro immigrata. Fa leva sulla precarietà dei permessi soggiorno, si tratta di un meccanismo infernale. Senza contratto di lavoro non può essere rinnovato il permesso di soggiorno da qui gli operai stranieri sono portati ad accettare contratti a 2 ore o a 4 ore per poi essere costretti a lavorare cinque volte tanto".

Si può cambiare tutto questo?

"Il miglioramento delle condizioni passa dalla sindacalizzazione dei lavoratori. Siamo una goccia nel mare, ma la prova di questi anni di battaglie è che c’è una grande voglia di sindacalizzare il distretto".

Come sindacato vi siete fatti un’idea di quanto è diffuso lo sfruttamento?

"A cazzotto, considerando il settore dei pronto moda e della pelletteria, si parla di oltre 10mila operai sfruttati".

Un’enormità?

"È una stima al ribasso".

Come si combatte tutto questo?

"Prima di tutto partendo dalla presa di coscienza. Bisogna riconoscere che esiste una commistione tra criminalità organizzata e alcuni imprenditori. C’è una parte di aziende che sono sotto il controllo di organizzazioni criminali, dire questo non è screditare il distretto. Le mafie non si combattono dicendo che non esistono, è un concetto che viene insegnato alle elementari. Far finta che non sia così è solo un nascondersi".

Silvia Bini