
Scoperte banche illegali a Prato
Prato, 16 marzo 2023 – Fiumi di denaro che transitano dal nostro paese verso la Cina nei modi più disparati. La scoperta, da parte della Procura di Firenze, di una sorta di filiale sotterranea e clandestina che offre servizi bancari al di fuori dei canali legali è solo una delle ultime "trovate" usate da cittadini di origine cinese per inviare i soldi in madrepatria facendoli sparire agli occhi del nostro fisco.
Che i cinesi non investano sul territorio il denaro è oramai un dato di fatto assodato tanto che negli anni sono state tantissime le inchieste della Procura pratese e anche della Dda di Firenze che hanno alzato il velo sulla gestione dei capitali da parte dei cittadini di origine orientale che decidono di fare impresa nel nostro paese.
La certezza si è avuta con la famosa inchiesta della Guardia di finanza pratese sui money transfer. La maxi inchiesta risale a più di dieci anni fa e il processo è ancora in corso nonostante la maggior parte delle accuse sia caduta in prescrizione. E’ stata la "regina" delle indagini sul riciclaggio dei capitali all’interno della comunità cinese di Prato.
Gli investigatori riuscirono a dimostrare come molti imprenditori stranieri inviassero i soldi in Cina con molteplici transazioni fatte attraverso i money transfer della città. Migliaia di operazioni in più tranche che consentivano di smuovere migliaia 8se non milioni) di euro portandoli all’estero.
I casi contestati risalgono addirittura agli fra il 2008 e il 2009. Nell’inchiesta venne contestata anche l’aggravante del metodo mafioso. Fu la prima volta in Toscana.
L’accusa però non ha superato l’udienza preliminare. Il gup di Firenze rinviò a giudizio più di 250 cinesi ma senza l’aggravante più pesante. Il procedimento si è arenato in tribunale a Prato tanto che gli strascichi di quello che doveva un maxi processo durano ancora oggi. Delle tante accuse mosse ne sono rimaste in piedi solo poche e solo per alcuni degli imputati: la prescrizione si è mangiata tutto.
L’inchiesta ha avuto comunque il pregio di portare a galla un sistema consolidato nella comunità cinese e di porre l’attenzione su quel fiume di denaro che di volta in volta si volatilizzava nel nulla. Milioni di euro che negli anni sono sparivano, che non venivano reinvestiti nel territorio ma.
Tramontati i money transfer a causa dell’inchiesta della Dda fiorentina, i metodi usati per inviare le ricchezze in Cina senza dare nell’occhio sono stati dei più disparati: denaro che viaggia attraverso le società "cartiere", oppure nelle ’vecchie’ valigette o, addirittura, trasformato in lingotti d’oro come è emerso da una inchiesta della Procura di Bologna che dall’aeroporto del capoluogo emiliano arrivò dritta a Prato. Adesso spunta l’ipotesi dell’esistenza di una banca "parallela", sotterranea, che smuove i soldi attraverso veri e propri servizi bancari eseguiti all’interno di anonimi negozi di chincaglierie cinesi.
Il tutto si lega a filo doppio con l’ormai nota gestione delle aziende orientali, una realtà su cui è complicato incidere, come più volte sottolineato dagli investigatori. Con gli escamotage delle ditte “apri e chiudi”, capaci in un paio di anni di sparire agli occhi del fisco, e il ricorso a prestanome, è difficile arrivare a colpire i veri responsabili nonostante gli sforzi profusi dalle forze dell’ordine. Una battaglia contro i mulini a vento anche perché appena scoperto un metodo truffaldino, ne viene escogitato un altro con l’obiettivo si schivare controlli e non pagare le tasse.
Laura Natoli