Prato, 27 luglio 2025 – “Eravamo pieni di debiti a causa della droga e non sapevamo più come fare ad andare avanti. Così abbiamo venduto le nostre case e siamo andati a stare al residence. Lì abbiamo deciso di farla finita per sempre, di suicidarci insieme”. E’ questa la motivazione che Marco Vitali, 55 anni di professione fornaio, ha dato agli agenti della squadra mobile che ieri lo hanno interrogato in ospedale. Vitali sta bene nonostante le ferite al collo e agli arti. Diversa è stata la fine di Maurizio Drovandi, 51 anni pratese, dipendente di una filiale del Monte dei Paschi in città, che è stato trovato morto nella stanza 107 del residence Ferrucci, lo stesso dove è stata uccisa Maria Denisa Paun, escort romena di 30 anni, nel maggio scorso. La stanza che Drovandi e Vitali occupavano si trova proprio di fronte a quella che era stata di Denisa prima di essere ammazzata.

La macabra scoperta è stata fatta venerdì nel primo pomeriggio dopo che alcune persone che lavorano nel palazzo avevano segnalato il cattivo odore nel vano scale. La polizia è riuscita ad aprire la porta solo dopo aver chiamato un veterinario che ha sedato il cane, un rottweiler (Teo) di proprietà di Drovandi. Quando hanno aperto, hanno trovato il cadavere di Drovandi riverso a terra in una pozza di sangue, per metà infilato sotto il letto. Sulla gola c’era un taglio profondo. Accanto c’era il compagno, Marco Vitali, in stato confusionale e con la ferita al collo, risultata poi essere solo superficiale. Una dinamica davvero strana e ancora tutta da chiarire nonostante le dichiarazioni rese da Vitali. Secondo quanto emerso, Drovandi è morto mercoledì. Vitali ha vegliato il cadavere per due giorni. Poi avrebbe preso la decisione di uccidersi anche lui ferendosi con un coltello da cucina ma non riuscendo a togliersi la vita. Nella stanza, completamente a soqquadro con schizzi di sangue ovunque mescolati agli escrementi del cane, la polizia ha trovato un biglietto scritto a mano sicuramente da Vitali, con una calligrafia incerta, come se lo avesse fatto “di fretta”. “Abbiamo deciso insieme. Non fate i funerali, donate gli organi”, c’era scritto nel foglio indirizzato alla due famiglie. La firma era solo quella di Vitali mentre il nome del compagno era scritto per esteso.

Drovandi e Vitali stavano insieme da dieci anni e il loro era un rapporto consolidato e solido. Si erano trasferiti al residence di via Ferrucci da una ventina di giorni. Avevano spiegato ai gestori dell’albergo che sarebbero rimasti diverso tempo in quanto stavano aspettando di trasferirsi nella casa nuova. Ma la versione fornita ieri da Vitali è stata ben diversa. L’uomo ha sostenuto che sia lui che Drovandi erano stati costretti a vendere le proprie abitazioni per far fronte ai debiti accumulati a causa delle continue assunzioni di droga. Vitali aveva venduto anche la sua attività di fornaio: i debiti erano diventati insopportabili tanto che, insieme, avrebbero preso la decisione di suicidarsi tagliandosi la gola. La versione deve trovare riscontro e la polizia continuerà a fare accertamenti.
La procura, diretta da Luca Tescaroli, ha aperto un fascicolo con le ipotesi di reato di omicidio e lesioni. Gli interrogativi restano molti: è possibile infatti che si sia trattato di un “suicidio collettivo” ma che poi Vitali non abbia avuto il coraggio di andare fino in fondo ai suoi intenti. Oppure potrebbe trattarsi di un omicidio-suicidio (quest’ultimo di nuovo non riuscito). Ma non si esclude neppure l’ipotesi di una “messinscena”.
Possibile che Vitali sia rimasto agonizzate per due giorni, da mercoledì, quando Drovandi è morto? Che cosa ha fatto chiuso nella stanza del residence in compagnia del cane? Il rottweiler si è agitato solo quando la polizia ha tentato di aprire la porta ma nei due giorni precedenti non risulta che abbia abbaiato per attirare l’attenzione. Quindi Vitali si potrebbe essere ferito solo poco prima dell’intervento della polizia. Fra l’altro gli agenti sono arrivati al residence intorno alle 10,30 e prima delle 14 non hanno potuto fare ingresso nella camera a causa del cane. Possibile che Vitali abbia inscenato il suicidio e abbia scritto il biglietto nel tempo trascorso fra l’arrivo degli agenti e l’apertura della porta? Drovandi e Vitali aveva litigato prima di tentare il suicidio?
Nel residence non ci sono telecamere – come era già emerso nel caso della scomparsa di Denisa Paun – e quindi adesso è impossibile ricostruire quali sono stati i movimenti della coppia prima della tragedia. L’arma usata potrebbe essere uno dei coltelli che sono in dotazione nella cucina della stanza del residence.
Domani sarà affidato l’incarico per l’autopsia in modo da capire se Drovandi sia morto per il taglio alla gola e se ci siano segni di una colluttazione. Sono stati disposti anche gli esami tossicologici.
Drovandi era conosciuto in città. Il padre, per molti anni, è stato proprietario dell’omonima concessionaria di Alfa Romeo. Ha un fratello e una sorella. Gli inquirenti potrebbero sentire i familiari per ricostruire i rapporti che c’erano fra i due.