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Maturità: prova scritta no, anzi meglio di sì I presidi divisi sull’esame di Stato a metà

"Con solo l’orale i ragazzi potrebbero non compensare le proprie carenze". Al contrario, "l’anno scorso la modalità ha dato buoni risultati"

Una sola prova orale, in presenza, davanti a una commissione di docenti interni, con il presidente esterno. Un ‘format’ già sperimentato un anno fa che oggi non convince più come allora. Mentre il ministro Lucia Azzolina continua a ripetere che ancora nulla è deciso, la strada sembra tracciata dai dati sui contagi che inevitabilmente stanno orientando anche l’esame di maturità. I presidi delle superiori non la vedono tutti allo stesso modo: c’è chi pensa che la strada del maxi orale sia l’unica percorribile in un anno ancora segnato profondamente dalla pandemia e dalla didattica a distanza, e chi invece pensa che sia un errore togliere la possibilità agli studenti di avere a disposizione anche la prova scritta. Il dibattito è aperto.

"In questo momento non ci sono le condizioni per fare anche gli scritti – commenta il dirigente del Datini, Daniele Santagati –. Nella nostra scuola non abbiamo problemi di spazio, ma lo sguardo va rivolto a tutte le realtà. Ritengo sia importante valutare le competenze dei singoli studenti e ammettere alla maturità soltanto chi ha le competenze per sostenerla". Sulla stessa lunghezza d’onda Giovanna Nunziata, preside del Convitto Cicognini: "Dobbiamo vedere e accettare la realtà, non credo che in questa situazione con i ragazzi rimasti per così tanti mesi in didattica a distanza, ci siano i presupposti per sostenere anche le prove scritte".

Di ufficiale ancora non c’è ancora nulla, e la decisione definitiva è attesa per la fine di gennaio. Maria Grazia Ciambellotti, dirigente al Livi-Brunelleschi, spera in un ripensamento del governo: "Vorrei capire la differenza rispetto all’anno scorso quando fu organizzato un orale ricco e strutturato, non trovo ragione sul perché non si possa effettuare anche uno scritto. Le condizioni di sicurezza per essere presenti nella scuola ci sono. Prevedere soltanto una prova orale non è una scelta parziale: alcuni studenti sono in difficoltà nelle interrogazioni, mentre con lo scritto avrebbero la possibilità di compensare. Chi è bravo non ha problemi con una o con tre prove, ma in questo momento penso ai ragazzi che hanno difficoltà di apprendimento: con orale e scritto potrebbero compensare le carenze cosa impossibile se offriamo loro una sola possibilità. Avere l’una e altra prova permetterebbe anche ai docenti di avere un quadro completo del ragazzo".

L’emergenza è tutt’altro che passata evidenza Stefano Pollini, preside del Gramsci-Keynes: "Ci sono tante classi in quarantena, ragazzi in isolamento e inoltre non credo che abbandoneremo presto la didattica a distanza al 50%. Non credo sia possibile pensare a una maturità classica con prove scritte e orali". Pollini ne è convinto, come una parte dei suoi colleghi: "L’esame con la sola prova orale è stato già sperimentato lo scorso anno e il giudizio fu positivo, i ragazzi hanno dato segno di maturità affrontando un esame complesso che rendesse conto dei cinque anni di studio". Non è d’accordo Mariella Carlotti, preside del Conservatorio San Niccolò: "L’esame con una prova scritta e un orale dà una visione più compiuta del ragazzo, prevedere solo un’interrogazione semplifica il percorso fin da adesso: se uno studente sa di non dover fare il compito di matematica e fisica non metterà lo stesso impegno nello studio. Trovo questa scelta paragonabile a dei genitori che si sentono in colpa e fanno i regali ai figli perché sanno di non avergli dato quello che dovevano: ecco, mi sembra quello che è accaduto con la scuola". Il dibattito è sempre più aperto.

Silvia Bini