
Le sinestesie del maestro Bettiol Fra spartiti e arte farmaceutica
Franco Bettiol, 69 anni, scrive musica. Essere compositore oggi con una storia che è cominciata con il mitico Giulio Gabbiani e il maestro Ivo Castagnoli alla Scuola Verdi, dopo aver frequentato il Conservatorio Cherubini a 24 anni nel 1978, comporta l’attualità problematica di cosa sia scrivere musica in tempi così convulsi. "Fin dai tempi del conservatorio sono stato attratto dall’idea di unire musica, colori, profumi in una unica rappresentazione tale da suscitare una percezione totale della realtà, quello che si riassume con la parola Sinestesia...". Bettiol si riferisce all’ultimo suo lavoro a Villa Costaglia dove per raccontare "Frammenti di vita", alla musica e al canto evocativo dei cicli esistenziali ha impastato immagini e colori (la vista) con l’espansione aerea e realistica di profumi (olfatto). E sinestesia fa rima con armonia. "La storia e l’evoluzione della musica in fondo non sono che la progressiva scoperta della natura del suono e degli armonici...", aggiunge. Un’esperimento quello del compositore pratese che si poteva percepire anche nella scena "Verso il cielo di Marte" nello spettacolo "Il canto di Dante" andato in scena qualche anno fa al Politeama Pratese. Di composizione musicale però non si vive. "Dal 1982 mi dedico alla chimica farmaceutica nonché alla divulgazione dell’arte farmaceutica", dice Bettiol.
Viene da pensare che questo amalgama l’abbia integrato alla musica. "Sono convinto che in origine gli organismi viventi percepissero la realtà esterna in modo totale, come i bambini, e che le percezioni sensoriali fossero unite". Difficile a capire. Ma c’è nella sua vita una esperienza umana, oltre le sfere sensoriali che ispirano la sua poetica, che ha determinato la scelta di scrivere musica? "Sì. Ho avuto la fortuna di incontrare il maestro Franco Cioci, morto nel 2021 e commemorato anche dalla nostra Camerata. Lui capì la mia passione per la composizione, si dedicò a me, lasciandomi libero di trovare la mia strada. Condividevamo gli incontri tra allievo e maestro come se fossimo nelle vecchie botteghe fiorentine. Mi manca molto".
Goffredo Gori