Andrea Spinelli
Cultura e spettacoli

Lucio Corsi: “Le mie canzoni? Magiche come le macchine di Tinguely”

In gara all’Eurovision, a Basilea, il cantautore toscano parla in una nostra intervista esclusiva di musica, arte e del sogno di un palco che si autodistrugge

Lucio Corsi: “Le mie canzoni? Magiche come le macchine di Tinguely”

Basilea celebra i cento anni di Jean Tinguely e Lucio Corsi, alla vigilia della finalissima dell’Eurovision Song Contest che lo vede domani sera disputarsi sul palco della St. Jakobshalle il titolo di questa 69ª edizione, accetta di affiancare la cinetica delle sue canzoni a quella delle opere realizzate dallo scultore svizzero, parlando di questo ed altro nel giardino del museo disegnato da Mario Botta per quelle sue stravaganti “macchine inutili”. Macchine “gioiose” però “e quindi libere”, come le definiva lui. Proprio come certa musica.

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Lucio Corsi sul palco di Basilea per l'Eurovision Song Contest 2025 (Ansa)

Tinguely si definiva un artista in movimento. E lei?

“Il movimento nella musica è fondamentale. Io, ad esempio, cerco di fare canzoni di cui possa essere soddisfatto e felice di suonarle nel tempo. Ce ne sono alcune, infatti, che non ti seguono negli anni, perché tu cambi e loro no, mantenendo l’età che gli hai dato quando le hai scritte. Le canzoni, infatti, vanno dove gli pare, stanno nell’aria, nel vento, non si vedono. E sono magiche per questo”.

Sanremo non è una macchina piccola, ma l’Eurovision lo è molto di più.

“Sanremo è stato un’ottima scuola per affrontare l’Esc, due palcoscenici molto diversi da quelli a cui sono abituato, però è interessante vedere tutta la preparazione che c’è dietro, spero possa rivelarsi formativa per migliorarmi nel fare questo mestiere”.

Lucio Corsi a Basilea
Lucio Corsi a Basilea, davanti al museo dello scultore svizzero Jean Tinguely, si racconta in una intervista esclusiva con Andrea Spinelli

Il pittore argentino Lucio Fontana riteneva che le opere di Tinguely fossero “strumentazioni meccaniche umanizzate dalla creazione artistica”. Pure il pianoforte è uno strumento meccanico umanizzato da chi lo suona.

“Sono cresciuto col fascino degli strumenti. Da bambino, il primo concerto che ho visto è stato quello di Neil Young. Andai per lui, certo, ma anche per vedere la sua Les Paul nera. È stato così anche per Keith Emerson e il suo organo. Strumenti capaci di entrare nel racconto dell’artista che li usa. Piccoli grandi mostri meccanici con una loro voce, ma all’occorrenza sanno pure rimanersene zitti. Ecco perché mi sono presentato a Basilea con una Oval. Guccini dice che esistono chitarre magiche che se fai l’errore di prendere in mano rischi di perderti e non ritrovarti mai più”.

Sa che nella sua biografia “Chronicles: Volume One” Bob Dylan racconta di aver deciso di varare il suo Never Ending Tour proprio dopo un concerto alla St. Jakobshalle di Basilea?

“Pure il mio sogno è quello di varare un Never Ending Tour. D’altronde vado in scena assieme ragazzi con cui suono da sempre e girare non ci pesa, anzi, ci dà piacere”.

Nel 1960, al Moma di New York, lo scultore svizzero creò una “macchina" alta 8 metri che si autodistrusse in 27 minuti. Farlo pure con il suo apparato scenografico sul palco dell’Eurovision sarebbe la massima celebrazione del qui ed ora.

“L’idea di un’opera che si autodistrugge l trovo fantastica. Trovo l’idea di essere ‘ricordato’ un’assurdità. Il mondo ha molti più anni di noi, che siamo il nulla rispetto a lui. Quindi l’oblio è nella logica delle cose. Potrei far esplodere gli amplificatori giganti ispirati al Neil Young di ‘Rust never sleeps’ della scenografia. Ma li devo portare in tour con me tutta l’estate nei festival come negli ippodromi e non sarebbe una buona idea”.

Una delle scommesse più grosse Tinguely se l’accollò nella sua Maremma realizzando assieme alla seconda moglie Niki de Saint Phalle il Giardino dei Tarocchi di Capalbio.

“Luogo magico, dove ci portavano in gita alle elementari ricordo la figura del diavolo e poi la casa di specchi. Sorprese della Maremma, terra brulla e selvaggia capace di regalarti pure luoghi fuori dal tempo come questo”.

Se quello è stato il suo primo contatto con l’arte, qual è stato quello con la musica? “Per me che volevo essere Elwood (e l’armonica suonata all’Esc lo conferma - ndr), i Blues Brothers. L’icona di un musicista-super eroe a cui crolla addosso un palazzo, si rialza, si ripulisce e riprende la sua strada. Poi Peter Gabriel, i Genesis e il prog, David Bowie e il glam rock. Ha contato soprattutto la fortuna di avere in Maremma amici capaci di consigliarmi cose interessanti da ascoltare e approfondire in musica”.