GIOVANNI FIORENTINO
Cronaca

La ditta chiude dopo il controllo Asl. Operai licenziati all’improvviso: "Pagati a cottimo e senza diritti"

Ennesimo presidio promosso dai Sudd Cobas per sostenere i lavoratori della confezione "San Martino" di via Bisenzio. "Dopo la verifica il titolare ha portato via i macchinari e rescisso il contratto di affitto".

La protesta dei lavoratori della San Martino in via Bisenzio è appoggiata dal sindacato dei Sudd Cobas

La protesta dei lavoratori della San Martino in via Bisenzio è appoggiata dal sindacato dei Sudd Cobas

"Il contratto che avevo firmato, a tempo indeterminato, prevede che io lavori venti ore a settimana. In realtà però, lavoro quattordici ore al giorno sette giorni su sette. Ci pagavano da 40 centesimi a 1,50 euro per ogni capo finito. Quando lo racconto non ci crede nessuno, ma è la verità. Non è solo una questione economica, ma di dignità". Talla Diagne è un operaio senegalese, che insieme ad una decina di compagni pachistani e cingalesi e ai sindacalisti Sudd Cobas sta presidiando la confezione San Martino in via Bisenzio. "Basta chiudi-apri, in assemblea permanente per i nostri diritti", lo striscione che campeggia davanti alla ditta che fino a poco meno di un mese fa dava loro lavoro. Una situazione che, stando a quanto fanno sapere i manifestanti, è precipitata lo scorso 26 giugno, a seguito di un sopralluogo effettuato dall’Asl. Il titolare, un cittadino cinese, decise a quanto pare all’improvviso di chiudere e di cessare l’attività, dando mandato di trasferire altrove i macchinari usati per le lavorazioni dei capi d’abbigliamento. Lasciando i lavoratori senza stipendio e senza tutele: da allora, per scongiurare il rischio di un trasferimento degli ultimi strumenti di lavorazione rimasti, hanno avviato un presidio permanente. Mangiano e dormono dove fino al mese scorso lavoravano, per chiedere la ripresa dell’attività con contratti equi (secondo la campagna "8X5" di Sudd Cobas, ossia otto ore al giorno per cinque giorni a settimana") per uscire dalla "condizione di sfruttamento". "Il gestore ha cominciato a smantellare i macchinari con l’intenzione di spostare l’attività altrove per sfuggire alle sanzioni della Asl che poche ore prima aveva concluso un’ispezione – ha detto Arturo Gambassi, sindacalista Sudd Cobas - i lavoratori ci hanno chiamato e da ormai venti giorni restiamo con loro dentro il capannone giorno e notte, per evitare che venga smontato e portato via il resto delle macchine da cucire. Alcuni di loro sono stati già licenziati, in quanto sono stati portati a firmare quelle che si sono rivelate di fatto lettere di licenziamento". Non è tutto: a seguito della protesta, fa sapere Gambassi, il titolare dell’azienda avrebbe deciso di annullare il contratto d’affitto con il proprietario dell’immobile nel quale vivevano gli operai. Che rischiano così di rimanere anche senza un tetto sopra la testa. "Vivevano in sedici in un appartamento di pochi metri quadri – ha concluso Gambassi, facendo intendere come le trattative con la proprietà cinese dell’impresa stiano procedendo a fatica - dopo una settimana senza riscontri, abbiamo individuato cinque pronto moda al Macrolotto. Sono imprese che lavorano con l’azienda e che abbiamo contattato per illustrare la situazione ai rispettivi titolari. Pensiamo sia giusto che i committenti si prendano le proprie responsabilità. Per ora abbiamo ricevuto risposta solo da una ditta".

Giovanni Fiorentino