Il business delle buone entrate . Indagini su altri 15 casi di estorsione

La Procura ha chiesto un rinvio dell’udienza preliminare in attesa dell’incidente probatorio sui nuovi episodi

Il business delle buone entrate . Indagini su altri 15 casi di estorsione
Il business delle buone entrate . Indagini su altri 15 casi di estorsione

"Dammi 400.000 euro in contanti e ti faccio il contratto di affitto". Ovviamente a nero, senza nessun foglio che attesti l’avvenuto passaggio di soldi. Per la Procura di Prato questa frase suona come una estorsione bella e buona. Una pratica che sembra ben consolidata all’interno del Macrolotto e che ha portato alla sbarra ieri mattina quattro imputati: i due amministratori dell’immobiliari che possiede l’immobile, marito e moglie sui 55 anni, e i un agente immobiliare che avrebbe fatto da "galoppino" riscuotendo i soldi per conto dei proprietari. Sono tutti finiti di fronte al gup Francesca Scarlatti con l’accusa di estorsione nei confronti del cinese che venne sfrattato dal capannone perché indietro di alcune mensilità. Nonostante avesse saldato la posizione e avesse già versato i 400.000 euro, i proprietari hanno preteso un’altra buona entrata per stipulare di nuovo il contratto. La denuncia del cinese ha messo in moto l’inchiesta della Procura di Prato che indaga su un’altra quindicina di casi simili, sempre riferiti ai due immobiliaristi.

L’accusa per tutti è di estorsione e dichiarazione infedele per aver omesso di indicare i redditi derivanti dalle somme ricevute a titolo di buona entrata. Ieri si è aperta l’udienza preliminare ma è stata subito rinviata in quanto la Procura (il fascicolo è seguito dai pm Alessia Iacopini e Vincenzo Nitti) ha chiesto di attendere l’incidente probatorio (che si terrà la prossima settimana e il 22 dicembre) sui nuovi casi venuti a galla dalle indagini. Le dichiarazioni che verranno rese potrebbero essere decisive nell’eventuale processo a carico dei tre per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio solo per il primo caso. Per un altro agente immobiliare è stata chiesta l’archiviazione. Il cinese, assistito dall’avvocato Tiziano Veltri, si è costituito parte civile.

Secondo quanto emerso, i due imputati, marito e moglie pratesi, difesi dall’avvocato Manuele Ciappi, sono amministratori di una società immobiliare che possiede svariati capannoni fra Tavola e Iolo, il distretto "che conta", la "vetrina" per i pronto moda cinesi. I coniugi sono finiti agli arresti domiciliari a inizio ottobre, misura che hanno scontato in abitazioni separate, fino all’interrogatorio di garanzia durante il quale hanno fatto parziali ammissioni sulla loro condotta. Dopo l’interrogatorio marito e moglie hanno ottenuto l’attenuazione della misura cautelare, passando dai domiciliari al divieto di avvicinamento alle persone offese. La misura cautelare – disposta dal gip – è scattata in seguito agli accertamenti sui nuovi casi.

Le indagini sono partite dalla denuncia del cinese e, scavando indietro nel tempo, la guardia di finanza – a cui sono state affidate le indagini – ha scoperto un’altra quindicina di casi, tutti i uguali fra loro, e tutti riconducibili alla coppia e all’agente immobiliare. In pochi anni marito e moglie avrebbero preteso dagli imprenditori 400.000 euro prima della stipula di ogni contratto. Una sorta di accordo "precontrattuale" i cui soldi passavano totalmente a nero. Il cinese che ha messo in moto l’inchiesta aveva registrato un file audio a dimostrazione della richiesta "esosa" che gli veniva fatta per poter restare nel capannone. Audio e testimonianza che hanno incastrato gli indagati. In tutto, i coniugi avrebbero intascato cinque milioni e duecentomila euro in contanti dal 2017 al 2022. Dopo le ammissioni in fase di interrogatorio di garanzia i coniugi hanno versato all’agenzia delle entrate circa due milioni di euro per sanare la propria posizione con il fisco.

Laura Natoli