
Fiorenzo Magni nacque a Vaiano il 7 dicembre 1920
Prato, 7 dicembre 2020 - Il prossimo 18 febbraio 2021 ricorrerà il centenario della nascita di Alfredo Martini, e già si annunciano iniziative per celebrare degnamente il campione, l’uomo, il partigiano: tra queste, la partenza di una tappa del prossimo Giro d’Italia da Sesto Fiorentino. Giusto, onore al grande campione di sport e di vita che ha onorato la Toscana e l’Italia! Peccato che si sarà dimenticato che solo qualche mese prima, 7 dicembre 1920, era nato il suo grande amico Fiorenzo Magni, il cui centenario sta scivolando in un silenzio assordante: ma solo qui da noi in Toscana, a Vaiano dov’era nato, e a Prato, la città dei ‘cenci’ di cui aveva portato la struggente memoria in Brianza, quando vi si era trasferito nel lontano 1944.
Le miopie e i pregiudizi della politica di oggi avranno in questo modo realizzato il discutibile risultato di dividere nel ricordo due persone, due campioni dello sport, che nemmeno la guerra civile di settant’anni fa era riuscita a separare. Com’è possibile, mi chiedo, non citare, tra le tante belle parole che Martini aveva sempre detto su Magni, quelle pronunciate nel Duomo di Monza, il giorno del suo funerale? "Si è spento un grande faro che illuminava la via maestra. Ma non siamo rimasti al buio. A indicare la strada giusta, ci sono i suoi esempi di onestà, intelligenza, fierezza. Anche stavolta è stato imprevedibile, come nelle corse". Nel libro che avevo dedicato nel 2018 al Leone delle Fiandre - Il “caso” Fiorenzo Magni. L’uomo e il campione nell’Italia divisa – avevo scritto che, impugnando un fucile e salendo a Valibona con l’intenzione di uccidere giovani partigiani che, per ironia della sorte, erano stati anche suoi tifosi, Magni aveva combattuto dalla parte sbagliata della storia, macchiandosi di colpe che erano state cancellate solo grazie all’amnistia togliattiana.
Ma questo non era bastato a quanti, basandosi su ‘si dice’ e racconti orali di seconda e terza mano, aveva diffuso la leggenda che fosse stato proprio Magni, semplicemente perché era il più famoso tra i fascisti di Valibona, ad uccidere Lanciotto Ballerini. Pur sapendo che in Toscana guelfi e ghibellini sono ancora vivi e vegeti tra noi, pensavo ingenuamente che l’esame obiettivo dei fatti e la valutazione spassionata di tutte le fonti, avrebbe potuto far ricredere coloro che, in base alla semplice anticipazione del titolo del libro, avevano dato la stura ad astruse speculazioni pseudopolitiche. Ho dovuto ricredermi: nessuno di quanti avevano criticato prima, ha accettato un minimo di dibattito pubblico dopo. Molti si sono addirittura rifiutati di leggere quello che avevo scritto. E anche la modesta proposta di intitolare a Magni, o meglio a Magni e Martini insieme, un pezzetto di una qualche pista ciclabile dei dintorni è stata bocciata senza appello. Oggi, il centenario della nascita di Magni viene ricordato pubblicamente, ma solo fuori della Toscana. Qui da noi si preferisce il silenzio. Il sindaco di Vaiano Primo Bosi ha detto che in Val di Bisenzio non ci sarà nessuna iniziativa perché, "a livello umano", Magni non "ha lasciato un ricordo degno di quello sportivo".
Parole che sembrano pietre, ma sono prive di sostanza, e tradiscono un malcelato desiderio di imporre la rimozione del ricordo degna di miglior causa. Come se su Magni e i tragici fatti di Valibona fosse già stato detto tutto e non se ne dovesse più parlare. Una pia illusione: la ricerca ha le sue regole, ci sarà sempre qualcuno che tornerà ad interrogare senza pregiudizi le vecchie carte e ascoltare le dichiarazioni degli ultimi testimoni, perché le ‘storie di comodo’ imposte con i veti politici appartengono a una stagione del nostro paese che si spera sia tramontata per sempre.
Walter Bernardi è docente universitario, storico e appassionato di ciclismo