
Tutto esaurito. nel chiostro di San Domenico per ascoltare la giornalista e scrittrice Francesca Mannocchi
Applausi e ancora applausi. La prima edizione del festival ’Seminare idee’ è stato un successo. Inequivocabile. Si parla di diecimila persone che nelle tre giornate hanno partecipato alle iniziative. Già presentate le date per l’edizione 2026 (dal 5 al 7 giugno). La città è uscita dal suo guscio e si è aperta al confronto su temi di stretta attualità, ha mostrato ai visitatori i suoi tesori nel centro storico; un investimento che germoglierà probabilmente. Ma non sono mancate le critiche, le sollecitazioni, i consigli. Con gradazioni diverse rispetto al "pensiero dominante" del successo e del tutto bello.
Da parte degli investitori top (Fondazione Cassa di Risparmio di Prato e Comune di Prato) c’è grande soddisfazione, ma anche la consapevolezza che si è trattato di "un anno zero" più che di una prima volta e che migliorare non solo si può, ma si deve. "Anche con la collaborazione di tutti, anche di chi critica" si dice sia da Fondazione che da Comune.
Intanto i ringraziamenti. Non banali: "Grazie di cuore a tutti. Pensavamo, come istituzioni promotrici - Fondazione Cassa di Risparmio e di Prato e Comune - di fare un regalo alla città. È la città che ha fatto un regalo a noi con una partecipazione bellissima e intensa", dice la presidente della Fondazione Diana Toccafondi. "Dopo questi tre giorni in cui la città è diventata luogo di ascolto, di incontro, di feconda accoglienza dei temi più alti del dibattito contemporaneo, ma anche di storie intense e coinvolgenti fino alla commozione, non possiamo che ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo evento straordinario. Che non nasce dal nulla ma è il frutto della capacità di questa città di unire le forze per un bene comune, senza retorica e senza interessi di parte. È con questo spirito che abbiamo annunciato la seconda edizione del festival per il 2026".
Come "Fondazione abbiamo percepito che c’era un bisogno, una necessità, un’attesa, a cui bisognava dare delle risposte. Ci siamo dati come parole d’ordine “ascolto” e “risposte” a ciò che sentivamo. La città ha risposto in maniera straordinaria".
E la sindaca Ilaria Bugetti ribadisce: "Abbiamo avuto il coraggio di osare e siamo stati seguiti con grande entusiamo da un fiume di gente che ha riempito tutti gli appuntamenti. Dalle iniziative sono arrivati messaggi che ognuno ha portato via per alimentare una riflessione collettiva".
Anche le critiche sono arrivate. E non poteva essere diversamente. "Prontissimi al dialogo - si ribadisce dalla sede della Fondazione - siamo qui per fare meglio: abbiamo un anno davanti". Critiche da parte politica e sui social.
Forza Italia e Fratelli d’Italia avevano messo le mani avanti alla vigilia del festival con la deputata Erica Mazzetti e il consigliere comunale Cosimo Zecchi.
"Prato avrebbe bisogno di festival e iniziative culturali che ci diano visibilità a livello nazionale, che aiutino a caratterizzare la nostra offerta culturale e promuovere la nostra identità: anche questa volta si è persa un’occasione per portare la nostra città fuori dai nostri confini" aveva detto Zecchi. Mentre Aldo Milone avrebbe voluto da Roberto Saviano qualche parola sul pericolo della mafia cinese, "invece niente".
Ieri Mazzetti è tornata sul tema: "E’ stato un festival a senso unico altro che opportunità di crescita per la città. Relatori lontani dai problemi reali del territorio, con un numero imprecisato di spettatori mentre le attività non hanno registrato aumenti stratosferici di guadagni. Di solito, quando si semina si dovrebbe avere certezza di un raccolto...". La deputata consiglia in questo anno davanti "di coinvolgere e ascoltare la città reale".
Poi ci sono state le critiche sui social: "Si semina cultura dominante", i programmi "nati nelle stanze istituzionali", dov’è finita la particolarità di Prato "città del lavoro, città dell’inclusione, città laboratorio"?
Una certezza: si può fare meglio. Come accade per tutte le nuove iniziative. Però bisogna farle partire. Come avvenuto.
Luigi Caroppo