
Si è aperto ieri il processo, in rito abbreviato, a carico di un poliziotto, di un imprenditore e di un carrozziere finiti in un’inchiesta dei carabinieri che ha portato alla luce un sistema di favori e corruzione. Si tratta del vice ispettore Roberto Mendicino, 56 anni, che un anno fa venne arrestato con le accuse di peculato d’uso, truffa aggravata ai danni dello Stato, corruzione e turbativa d’asta, Luciano Rizzo, imprenditore di origine calabrese di 46 anni ma residente in città, e un carrozziere, Michele Aucello, che si era aggiudicato un appalto per riparare le auto della polizia grazie all’auto del vice ispettore. Ieri la Procura ha chiesto la condanna per tutti e tre: due anni e otto mesi per il poliziotto, due anni e mezzo per l’imprenditore e un anno per il carrozziere. Il processo è stato rinviato per il legittimo impedimento di un avvocato.
Le indagini partirono da Rizzo su cui gravava un’accusa di stalking e su cui i carabinieri stavano indagando. Dagli accertamenti su Rizzo emerse il legame fra l’imprenditore e Mendicino. Le indagini si sono concentrate su tre mesi: secondo la ricostruzione dell’accusa, da settembre a novembre 2019 il vice ispettore avrebbe procurato favori personali all’imprenditore come visure di banche dati delle forze di polizia e il rilascio veloce di passaporti. Favori che, sostengono gli inquirenti, avrebbero portato in cambio regali, come buoni carburante, macchine per il caffè e persino l’uso di un appartamento. Il vice ispettore è accusato anche di peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato, poiché da ottobre a novembre, avrebbe usato veicoli di servizio in forza alla questura di Prato non per motivi di servizio. Il poliziotto sarebbe inoltre responsabile di turbativa d’asta in concorso con il carrozziere in quanto l’agente in qualità di componente tecnico della commissione del servizio riparazione veicoli della questura avrebbe informato il carrozziere sul contenuto delle offerte degli altri partecipanti alla gara d’appalto per aggiudicarsi il contratto di riparazione di un’auto della polizia.
Laura Natoli