
La funzionaria della Soprintendenza Cristina Gnoni Mavarelli e Daniele Piacenti
Prato, 9 aprile 2016 - La mano del folle si era levata contro due crocifissi storici delle chiese di Prato il 25 novembre 2013. Quello ligneo di San Bartolomeo fu colpito tre volte e riportò la mutilazione degli arti superiori; a quello di San Pier Forelli, o San Pierino, andò peggio, perché la Croce di San Leonardo da Porto Maurizio, risalente alla metà del Seicento, fu realizzata in stucco e cartoncino, simile alla cartapesta, e quindi andò in frantumi. C’è voluta la maestria del restauratore Daniele Piacenti, insieme a Lucia Bresci, Bianca Papi e Marta Gelsumini, per compiere il miracolo.
A San Pierino il crocifisso è tornato visibile al culto dei fedeli, quello di San Bartolomeo, sottoposto perfino a una Tac all’istituto diagnostico Santo Stefano di Viaccia, è sulla buona strada.
"Lo abbiamo consolidato – spiega Piacenti – e abbiamo riparato i danni del vandalo, che lo colpì tre volte fino a staccargli le braccia e a rischiare di essere travolto da un crocifisso che pesa più di un quintale. La Tac ci è servita a capire la tecnica di costruzione del crocifisso: un tronco unico con la testa aggiunta e una fitta rete di chiodi". Piacenti spiega che i danni riportati sono simili solo "a quelli derivati da un bombardamento o un terremoto" e difatto quel crocifisso fu in effetti danneggiato dal bombardamento che durante la Seconda guerra mondiale distrusse San Bartolomeo e la cappella che era stata costruita per custodire la scultura. Lo si può vedere soprattutto da una delle gambe, visibilmente posticcia.
Riguardo al crocifisso di San Pierino, "è stato più facile lavorare sul costato perché vi si poteva accedere con le mani mentre per braccia e gambe è stato terribile, abbiamo fatto un lavoro quasi ortopedico arrivando a colpi di ingegno come dei palloncini da bambini come stent per inserire le strisce di cartoncino all’interno – dice Piacenti – La testa era rotta, calpestata, si era salvata solo la punta del naso".
"Da un evento disastroso – gli fa eco la storica dell’arte e funzionaria di zona della Soprintendenza, Cristina Gnoni Mavarelli – questo è diventato un caso di studio; la sinergia con la tecnica medica ci ha permesso di capire la tecnica costruttiva. All’inizio, soprattutto per quello di San Pierino, disperavamo di poterlo recuperare, e invece è stato possibile grazie a un intervento pionieristico e... “impossibile”, lo presenteremo anche a un convegno sul restauro. E’ bello che le opere d’arte possano essere collocate nei luoghi d’origine".
"E’ bello poterlo ammirare anche da questa prospettiva, in tutta la sua intensità, con questo costato così sollevato, è l’equivalente in scultura del patetismo giottesco – dice Cristina Gnoni ammirando il crocifisso di San Bartolomeo – E’ in pioppo, usato spesso nel Trecento, credo risalga agli anni Venti del secolo. Ci sono dei bellissimi resti della sua policromia originale, specie sul perizoma".
E per evitare che possa accadere di nuovo, spiega don Renzo Fantappiè, parroco di San Luca alla Querce e responsabile dell’ufficio diocesano per i beni culturali, in San Pierino è stato messo un sistema antifurto a tenda, allarme che a breve arriverà anche a San Bartolomeo.
"Siamo contenti – dice don Fantappiè – che il restauro sia avvenuto con successo, magari il valore artistico dei due crocifissi sarà relativo, ma quello religioso e affettivo è enorme".