LEONARDO MONTALENI
Cronaca

Chechi: lo guardavo come si guarda un mito "E poi finivamo sempre a parlare di Prato"

Il campione olimpico e l’eroe Mundial: due figli illustri della città arrivati sul tetto del mondo. "Il nostro ultimo viaggio insieme"

di Leonardo Montaleni

"Paolo Rossi è stato anche per me un’icona dello sport e della pratesità. Lo è stato per tutti quelli che hanno vissuto gli anni ‘80 e lo era anche per le generazioni successive. Avevamo un bel rapporto, la notizia della sua morte mi ha riempito di tristezza". Parole che chiunque abbia conosciuto il Pablito campione del mondo e bomber sopraffino, magari crescendoci o giocandoci a calcio insieme nella sua Prato, potrebbe avere pronunciato in queste ore. Fa un effetto particolare, però, quando a dirle è un’altra leggenda dello sport pratese, Jury Chechi, incontrastato ‘signore degi anelli’ nell’immaginario collettivo. C’era in effetti un legame tutto pratese, sincero e diretto, fra il campionissimo del mondiale 1982 e il campione olimpico, capace di conquistare un oro alle Olimpiadi di Atlanta nel 1996 e un bronzo ad Atene nel 2004. Chechi, però, essendo più giovane di Rossi, era cresciuto, come tutti i suoi coetanei, col mito del più celebre concittadino calciatore: "A casa mia, come a casa di tutti i pratesi in pratica, Paolo Rossi era un mito. Non sono un grandissimo tifoso di calcio, anche se ho sempre seguito la nazionale e ricordo perfettamente la vittoria del campionato del mondo 1982. Non ero a Prato. Ero già in ritiro a Varese con le squadre collegiali giovanili di ginnastica, ma ci fu ugualmente una festa immensa in piazza. Il fatto di essere pratese come il capocannoniere Pablito mi riempiva di orgoglio". La curiosità che Jury sottolinea quasi con un sorriso riguarda la sua medaglia di bronzo alle Olimpiandi di Atene: "Ero ancora in Grecia e la finale era finita da poco. Paolo Rossi fu uno dei primi a contattarmi per congratularsi, assieme a Bobo Vieri", ricorda l’ex campione olimpico. "Seguiva sempre la vita cittadina e quello che accadeva nella sua Prato, anche se a distanza. E c’è sempre stato questo legame un po’ particolare e questo senso di appartenere alla stessa comunità". I due nel frattempo, fra la vittoria del mondiale 1982 e il successo alle olimpiadi del 1996, si sono effettivamente incontrati e hanno sviluppato una amicizia basata sulla stima reciproca e anche sulla condivisione di alcuni interessi lavorativi, nella seconda fase delle loro vite dopo i trionfi nello sport: "Ci sentivamo con una certa frequenza e ci siamo spesso confrontati sul lavoro. Entrambi abbiamo avviato delle attività nel settore turistico-ricettivo, quindi ci piaceva scambiarci idee e punti di vista. Anche recentemente ci eravamo sentiti – precisa Chechi -. La verità è che parlavamo sempre di un sacco di cose, degli argomenti più disparati, ma alla fine la discussione tornava sempre in qualche modo alla nostra Prato. Era molto legato alla città". L’ultimo incontro dal vivo poco più di un anno fa, per un evento organizzato dalla Gazzetta dello Sport a Milano: "Mi ricordo che ci siamo trovati a questo evento a Milano e alla fine abbiamo deciso di fare il viaggio di ritorno in treno insieme", conclude il campione olimpico. "Caratterialmente a me piaceva molto. Un uomo buono, gentile ed educato, sempre sorridente e disponibile con tutti. La cosa bella in quel viaggio di ritorno è stato vedere che anche dei ragazzini molto giovani si sono avvicinati perché lo conoscevano e sapevano chi era e le imprese che aveva fatto in campo, anche se quasi certamente non erano nemmeno nati negli anni ‘80. Paolo era un personaggio trasversale. Mi mancherà. Speriamo che questo anno terribile finisca alla svelta".