REDAZIONE PRATO

“Violenze sessuali, live su Tik Tok dalle celle e rivolte”: carcere di Prato, accuse e reazioni

Impressiona l’opinione pubblica quanto, secondo la procura, accade nell’istituto di pena. L’intervento della politica e del Garante nazionale dei detenuti. Due, fra giugno e luglio, le rivolte che si sono verificate all’interno del penitenziario

“Violenze sessuali, live su Tik Tok dalle celle e rivolte”: carcere di Prato, accuse e reazioni

Prato, 8 luglio 2025 – Almeno due casi di violenze sessuali e torture tra detenuti. Dirette sui social network dalle celle, con cellulari nascosti ovunque. E poi due rivolte, tra giugno e luglio 2025 con aggressioni ai poliziotti penitenziari. Dipinge una situazione fuori controllo la procura di Prato nel descrivere la situazione del carcere della Dogaia. Dove le indagini adesso cercheranno di accertare le varie responsabilità e anche, dice la procura, se responsabilità ricadono anche sul personale del carcere. Intanto resta l’orrore per quello che viene descritto. Una maxi perquisizione che si è svolta nelle scorse ore cerca adesso di rimettere ordine. 

I cellulari

La procura punta i riflettori su un sistema carcerario dove regnano degrado, complicità e violazioni sistematiche delle norme di sicurezza. A preoccupare maggiormente è l'uso diffuso e organizzato di strumenti di comunicazione da parte dei detenuti: tra luglio 2024 e giugno 2025, all'interno della struttura sono stati sequestrati 41 telefoni cellulari, tre SIM card e persino un router. Solo lo scorso 5 luglio, un altro telefono è stato ritrovato nella cella 187 della sezione di Media Sicurezza. Altri dispositivi risultano attivati nei giorni 27, 28, 29 giugno e 1-2 luglio.

Secondo la procura, questo fenomeno sarebbe reso possibile dalla libertà di movimento concessa a certi detenuti e dalla complicità - o quanto meno dall'omissione - di alcuni agenti penitenziari. In un episodio emblematico, un detenuto in regime di Alta Sicurezza è riuscito persino a pubblicare su TikTok immagini della propria cella.

carcere perquisizione bis
Forze dell'ordine fuori dal carcere di Prato, dove c'è stata una maxi perquisizione (Foto Attalmi)

Le rivolte

La situazione è degenerata in due episodi di rivolta avvenuti il 4 giugno e il 5 luglio. Il primo, nella quinta sezione del reparto di Media Sicurezza, ha visto protagonisti cinque detenuti di diversa nazionalità che hanno aggredito sei agenti, minacciandoli con oggetti pericolosi come spranghe ricavate da infissi, bombole a gas, cacciaviti, forbici e persino grappa bollente. Alcune frasi gridate durante la sommossa - ''Stasera non rientriamo perché vogliamo fare la guerra'', ''Si muore solo una volta, o noi o voi'' - restituiscono il clima di estrema tensione. Il secondo episodio, avvenuto il 5 luglio, ha coinvolto almeno dieci detenuti barricatisi nella prima sezione. I rivoltosi hanno rovesciato il carrello del vitto per bloccare l'accesso agli agenti, tentato di appiccare incendi e provato a sfondare il cancello con una branda e altri oggetti artigianali. Solo l'intervento delle unità antisommossa è riuscito a riportare la calma.

carcere perquisizione bis
Polizia fuori dal carcere di Prato (Foto Attalmi)

Le violenze sessuali

Ma il degrado si estende anche ai rapporti tra detenuti. Secondo quanto riferito dalla Procura, la struttura è teatro di "episodi di tortura e violenza sessuale" che rendono "insicura e degradante" la vita dietro le sbarre. Due i casi più gravi portati all'attenzione dell'opinione pubblica: nel settembre 2023 un brasiliano ha violentato ripetutamente il suo compagno di cella pachistano, con minacce di morte e aggressioni fisiche. Nel gennaio 2020, invece, due detenuti hanno torturato un giovane omosessuale tossicodipendente, infliggendogli percosse, ustioni e stupri di gruppo. Il processo è in fase avanzata, e le lesioni riportate dalla vittima parlano da sole: fratture, ematomi, lacerazioni anali e gravi traumi psicologici.

Le reazioni

"I fatti di cronaca impongono una riflessione urgente in merito al rispetto dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e dall'Ordinamento Penitenziario italiano. Innanzitutto, occorre ribadire che la funzione della pena non può ridursi a mera punizione, ma deve perseguire il fine rieducativo e il rispetto della dignità umana, come previsto dall'art. 27, comma 3 della Costituzione. La pena detentiva non può legittimare il degrado, la negazione della persona o la violenza come strumenti di gestione del carcere". Così l'avvocata Irma Conti, membro del collegio che costituisce il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, intervistata dalla Dire in merito al caso del carcere di Prato. 

Le notizie che arrivano dal carcere di Prato “raccontano una realtà disumana, fatta di stupri, torture, terrore: un orrore che calpesta la dignità della persona e che non può trovare giustificazione né oblio. Chi entra in carcere per scontare una pena, non può trovarvi un inferno." Così in una nota la senatrice Enza Rando, responsabile legalità, trasparenza e contrasto alle mafie nella segreteria nazionale del Partito Democratico.