Uccise la moglie malata terminale, nessuno sconto: a 88 anni andrà in carcere / SONDAGGIO

La Cassazione rigetta il ricorso: deve andare in prigione. L'ultima speranza: che la possa scontare ai domiciliari. ‘Serve la grazia’

La disperazione del personale sanitario la sera che Bini uccise la moglie

La disperazione del personale sanitario la sera che Bini uccise la moglie

Prato, 8 giugno 2018 - Nessuno sconto per Vitangelo Bini. Per l’ex vigile urbano in pensione, che nel dicembre del 2007 sparò alla moglie, Mara Tani, 82 anni, malata terminale di Alzheimer, si aprono le porte del carcere. La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal legale di Bini, l’avvocato Lapo Bechelli, confermando così la condanna a sei anni e sei mesi della Corte di Assise di Appello di Firenze per omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela.

Adesso che la sentenza è definitiva, Bini, nonostante l’età avanzata (88 anni compiuti a inizio maggio), dovrà scontare il residuo di pena che gli spetta (tolti i dieci mesi agli arresti domiciliari e i quattro in cella fatti dopo l’omicidio) in carcere: la sentenza è esecutiva da ieri pomeriggio. «La pena può essere scontata ai domiciliari dagli ultrasettantenni solo per alcuni reati ma non per quelli più gravi come l’omicidio – spiega l’avvocato – Eravamo consapevoli che sarebbe andata a finire così e avevamo già preparato l’istanza per il differimento pena per motivi di salute, per lo meno nella forma degli arresti domiciliari».

L’istanza sarà depositata oggi in tribunale a Prato.

 

«Bisogna evitare che vada in carcere – conclude Bechelli – Faremo domanda anche per ottenere la grazia dal presidente della Repubblica». Durante il processo di primo grado e quello in Appello, l’avvocato Bechelli aveva insistito chiedendo la riduzione della pena e l’attenuante dell’aver agito «per motivi di particolare valore morale o sociale».

 

L'ANZIANO OMICIDA: "NON SOPPORTAVO DI VEDERLA SOFFRIRE"

«Bini non uccise per egoismo ma per altruismo», aveva spiegato il suo difensore. Lui che per anni si era preso cura della moglie malata, non sopportava più di vederla soffrire in quel modo, ridotta come un vegetale. Voleva alleviare quel dolore diventato insopportabile per tutti. E’ stato un processo molto attuale nel quale, di fronte ai giudici, sono stati trattati di temi molto dibattuti come quello dell’eutanasia. Bini – che abita a Prato e fino a oggi è rimasto a piede libero –, ha sempre affrontato la situazione con estrema lucidità fin da quando, il primo dicembre 2007, prese la pistola, la nascose in un borsone per dirigersi all’ospedale di Prato dove la moglie era ricoverata. Aspettò di restare solo nella stanza della donna, afferrò la pistola e le mise un cuscino sul petto. Poi sparò tre colpi. In silenzio attese l’arrivo della polizia che lo arrestò. A undici anni di distanza il calvario di Vitangelo Bini non è finito: il rischio di finire in carcere è realtà.