Addio al grande regista Giuliano Montaldo (foto), autore di pellicole indimenticabili come "Sacco e Vanzetti", "Giordano Bruno", "L’Agnese va a morire" ma anche di titoli sottovalutati come "Il giocattolo" con Nino Manfredi e una strepitosa Pamela Villoresi e "Gli occhiali d’oro". Nella sua filmografia, uno degli sceneggiati più amati e popolari è "Marco Polo" che nel 1982 tenne incollati al video oltre venti milioni di spettatori. Ma forse non tutti sanno che la carriera di Montaldo come regista è iniziata proprio a Prato negli anni Cinquanta.
Dopo una breve ed incerta carriera come giovane attore, Montaldo decise di passare dietro la macchina da presa. In suo aiuto, ecco il collega toscano Gillo Pontecorvo che lo volle appunto come aiuto registadirettore di produzione nel 1995 per un documentario che rientrava nel progetto di Ioris Ivens, cineasta belga, che aveva come obiettivo quello di raccontare le condizioni di lavoro femminili in giro per il mondo.
Uno straordinario documentario intitolato "La rosa del venti", ambientato in Brasile, Russia, Cina, Francia. Per l’Italia fu scelta Prato, in particolare una fabbrica che non esiste più da anni: il Lanificio Giulio Berti, chiamato anche La Romita, costruito intorno all’antico molino della Romita.
Trentasei minuti per raccontare una generazione di donne, il loro lavoro nel mondo del tessile ed anche le battaglie e il coraggio per salvaguardare il proprio posto di lavoro. Interpretato praticamente da attori non professionisti come nella migliore tradizione del neorealismo che si stava esaurendo, "Giovanna", questo il titolo del documentario, vede protagonista Armida Gianassi, una giovane operaia pratese scelta quasi per caso nella sala da ballo di una delle tante case del popolo in città in quegli anni. A poche ore dalla scomparsa di Montaldo, fa davvero piacere pensare che il suo primo ciak da aiuto registadirettore di produzione sia stato proprio battuto in città, come il battesimo di una straordinaria carriera nel cinema.
Federico Berti