REDAZIONE PRATO

Le guerre di Curzio. Disfatta di Caporetto. Linea gotica: due libri raccontano il fronte

In Roncioniana giovedì si parla de La rivolta dei santi maledetti e il 29 maggio toccherà a La Pelle. Con Bernardi e Lucarelli.

In Roncioniana giovedì si parla de La rivolta dei santi maledetti e il 29 maggio toccherà a La Pelle. Con Bernardi e Lucarelli.

In Roncioniana giovedì si parla de La rivolta dei santi maledetti e il 29 maggio toccherà a La Pelle. Con Bernardi e Lucarelli.

Nessuno scrittore come Malaparte ha raccontato nei suoi libri la tragedia delle guerre mondiali del Novecento. Con due episodi particolari, Caporetto nella Prima, la Linea Gotica nella Seconda. Proprio questi due episodi saranno raccontati il 15 e il 29 maggio alla Biblioteca Roncioniana dallo storico militare Niccolò Lucarelli e da Walter Bernardi, presidente dell’Associazione Curzio Malaparte pratese nel mondo. Giovedì alle 17 l’appuntamento è con l’incontro a ingresso libero dal titolo Malaparte, Caporetto e la Rivoluzione russa.

La disfatta di Caporetto, il 24 ottobre 1917, segnò il momento più difficile della Prima guerra mondiale per l’esercito italiano; colta di sorpresa dall’attacco austro-tedesco condotto anche con l’uso di gas venefici, la seconda armata del generale Luigi Capello cedé nel settore fra il Monte Rombon e l’alta Bainsizza, in particolare tra Plezzo e l’Isonzo. L’infiltrazione delle truppe nemiche minacciò alle spalle il resto dello schieramento italiano, e Cadorna ordinò la ritirata che si concluderà sul Piave, da dove cominciò la guerra difensiva che finirà con le battaglie del Solstizio e di Vittorio Veneto.

Una commissione d’inchiesta seguì alla disfatta, le cui conclusioni furono ambigue e parziali, ma al di là degli errori commessi a livello militare, è utile interrogarsi oggi su Caporetto per comprendere la portata sociale che l’eco della sconfitta ebbe sulla storia italiane e la memoria collettiva. Malaparte, schierato in Trentino con la quarta armata, non prese parte alla ritirata, ma scrisse un memorabile saggio che uscì nel 1920 con il provocatorio titolo di Viva Caporetto!, poi ripubblicato nel 1923 come La rivolta dei santi maledetti. Per lui non era stata una sconfitta, ma uno “sciopero militare” o meglio una “rivoluzione mancata” che aveva anticipato di due settimane la “rivoluzione riuscita” dei comunisti russi; dunque, una “rivolta” più che una “rivoluzione” che si era esaurita a causa della mancanza di un’organizzazione e di capi adeguati come Lenin.