REDAZIONE PRATO

Acciaio nel Monteferrato . Svetta un’antenna di 34 metri : "Area protetta messa a rischio"

I residenti di Figline sul piede di guerra: "È un’area fragile dal punto di vista idrogeologico. Sono stati tagliati alberi, si è scavato sul versante del monte. Solo tre mesi fa ci siamo alluvionati".

Acciaio nel Monteferrato . Svetta un’antenna di 34 metri : "Area protetta messa a rischio"

L’insolito viavai di camion e macchine operatrici aveva fatto pensare ai residenti di Figline flagellati dall’alluvione del 2 novembre, che fossero iniziati i lavori di ricostruzione della frazione. Una settimana dopo, l’amara scoperta: nel cuore del Monteferrato a due passi dal centro abitato, vicino ai corsi d’acqua che non hanno retto l’ondata di piena, è spuntata un’antenna per la telefonia. Oltre 34 metri di acciaio che svetta sulla vegetazione appoggiata su una base di cemento tanto profonda quando pericolosa a detta di chi solo tre mesi fa si è visto invadere la casa e gli scantinati da un fiume di acqua mista a fango.

"Si sta parlando del parco del Monteferrato con vincoli paesaggistici stringenti, con un alto rischio idrogeologico e che fanno? Installano una antenna enorme scavando per metri nel cuore del monte - dicono i residenti pronti a dare battaglia che hanno già contatto le associazioni di tutela della salute -. A parte i lavori di somma urgenza dopo l’alluvione non è stato fatto niente, ci sono ancora transenne lungo gli argini del Bardena crollati, le spallette del ponticino davanti alla piazzetta dove c’è il bar non sono state ricostruite creando un pericolo non da poco, ma in meno di una settimana è stata creata una nuova strada e sono stati tagliati alberi per arrivare in piena area protetta ad installare un’antenna per la telefonia creando uno scempio oltre che un problema". L’area è fragile dal punto di vista idrogeologico e i residenti, dopo quanto accaduto il 2 novembre, ora hanno paura.

Una questione che è diventata anche oggetto di un’interrogazione comunale presentata dal Movimento 5 Stelle che ha chiesto di fare accesso agli atti per capire "se il Comune aveva la facoltà di opporsi all’opera".

Silvia Bini