SAVERIO BARGAGNA
Cronaca

Ora che la musica è finita restano solo domande

Rave party, la festa è ormai chiusa: ragazzi in fila indiana lasciano Tavolaia. Fra diritti e restrizioni, uno schiaffo morale (più che legale) per tutti

di Saverio Bargagna

In un Paese dove la musica è leggerissima, figuriamoci che effetto può fare la techno. Può accadere che 5-6 mila persone da tutta Europa si auto-proclamino (pacificamente e col sorriso, per carità) possessori di un paesino di 70 anime campeggiando abusivamente per tre giorni come se pandemia e regole sociali appartenessero solo agli altri. Ad ogni modo, dopo 48 ore di sballo, la festa è finita. Per l’esattezza ha chiuso i battenti lunedì in tarda serata, poco prima di mezzanotte. Da allora lentamente camper, roulotte e auto (anche di notevole cilindrata) si sono messe pazientemente in fila come grani di un inedito rosario. Operazione affatto banale alla luce della quantità di partecipanti e della dislocazione geografica del luogo: è stato un po’ come dover evacuare, attraverso un’unica stradina sterrata, l’intera popolazione di Peccioli. Ad ogni modo il flusso è stato regolare e continuo: "Au revoir!" e "Ciao ciao".

Cosa resta adesso? La sporcizia, certo. Cumoli di rifiuti che saranno pagati con un intervento speciale a carico (presumiamo) dei contribuenti. Anche se, a dirla tutta, per il numero di persone presenti il danno ambientale – almeno ad una fugace occhiaia – appare meno grave del prevedibile. Diversi ragazzi del rave, e questo invece è oggettivo, sono rimasti fino all’ultimo a pulire e raccogliere quanto più sporco possibile.

Ciò che rimane sedimentato nel profondo, piuttosto, è un corollario di interrogativi che si dimena fra populismo e buonsenso. E’ pacifico che un evento del genere sia stato pianificato a lungo: tir, stand, rifornimenti, attrezzatura, merce di ogni genere e natura sono passati non tanto (o non solo) da Santa Maria a Monte, ma dalle frontiere di mezza Europa. Se queste sono le prove generali del green pass, c’è qualcosa da rivedere. Nel giro di poche ore, comunque, a Tavolaia è stato allestito un villaggio organizzato e ciò richiede una lunga programmazione e risorse ingenti. In un simile contesto appare ingeneroso voler attribuire particolare responsabilità al Comune di Santa Maria a Monte – le cui "milizie" si limitano a qualche vigile – o alle forze dell’ordine locali che, fra tagli e pensionamenti, non sono messe poi troppo meglio e, per di più, hanno le mani legate. Tuttavia è in dubbio che mentre l’Italia si è fermata per mesi a causa della pandemia, il rave sia stato uno schiaffo morale – prima ancora che legale – per tutti.

Il nostro ultimo viaggio a Tavolaia si conclude con un passeggiata fino allo spiazzo principale. Mentre la polvere si solleva in strati sempre più spessi, gli ultimi giovani rimasti – con calma serafica – rassettano ciò che hanno per prepararsi al viaggio. Una cassa a volume moderato detta l’ultimo ritmo: c’è chi saluta, chi dorme all’ombra di un autoveicolo, chi chiacchiera del più e del meno. Abbracci a nuovi e vecchi amici. C’è anche chi, meno lucido, tenta di salire (nudo!) sulla scala esterna di un camper che manovra. Scena che fa sorridere solo se non si è vista dal vivo. "Libertà e amicizia", sono le parole chiave dei partecipanti. Un diritto per tutti, certo, soprattutto per i più giovani provati dalle dure restrizioni. E ora che la festa è finita? Andate in pace... ma la vostra pace a spese di chi?