Uno scenario apocalittico: "Ballavamo, poi siamo precipitati. Abbiamo visto la morte in faccia"

La festa era nel vivo quando si è spalancata una voragine e in molti sono finiti al piano di sotto "Chi non è caduto si è calato attaccandosi ai pali di ferro che corrono da una parete all’altra" .

Uno scenario apocalittico: "Ballavamo, poi siamo precipitati. Abbiamo visto la morte in faccia"

Uno scenario apocalittico: "Ballavamo, poi siamo precipitati. Abbiamo visto la morte in faccia"

Il vestito buono macchiato di sangue e polvere. Pantaloni e calze strappate, le bende messe come si puó, le coperte argentate distribuite in fretta e furia come su fa coi sopravvissuti a un disastro. Come si fa con chi ha visto la morte passargli accanto. Qualcuno urla dal dolore, tanti piangono, molti si abbracciano consapevoli della tragedia sfiorata. "Non si può… non si puó".

Quel che il cortile del convento di Giaccherino è diventato la sera di ieri è uno scenario post-apocalittico. No, Nessuna esagerazione. La disperazione diventa di tutti, anche di non ha visto, anche di chi non c’era. Perché quando “il giorno più bello”, quello che tutti chiamiamo così, diventa la cronaca di un dramma altro non puoi fare che sentirti parte di quel caos. L’andirivieni sulla via di Giaccherino di mezzi di soccorso è incessante. E chi conosce questa strada così stretta e a curve sa bene il disagio che significa.

Pompieri, automediche, ambulanze, carabinieri, polizia, vigili urbani, protezione civile: uno stuolo di forze dell’ordine che cerca come può di smistare, soccorrere, dare assistenza. Anche chi come noi è venuto per raccontare si trova davanti all’impotenza, all’incapacità quasi di fotografare il momento.

La prima immagine che ci arriva, impossibilitati com’è normale ad entrare per questioni di sicurezza è una: un’enorme voragine sul pavimento della sala attigua al salone dei ricevimenti, al primo piano. Come se una mano del destino amaro avesse preso un compasso e disegnato un cerchio a terra.

"Ballavamo, saltavamo… E mentre all’ultimo salto ci aspettavamo di ricadere piedi piantati a terra, sotto in realtà non c’era più nulla… Il vuoto. Chi non era caduto si è calato come ha potuto al piano di sotto, attaccandosi ai pali di ferro che corrono da parete a parete".

La festa era iniziata all’ex convento all’ora di pranzo. Un centinaio-centoventi gli invitati. La coppia di sposi arrivati da Firenze, tra gli invitati anche ospiti non italiani da parte della sposa. Tutto va come a ogni matrimonio: l’aperitivo, il pranzo, poi ci si diverte coi giochi, coi balli. Sono circa le 19.45, una sessantina di invitati si sposta nella sala più piccola. La musica suona. Tutti, sposi compresi, si scatenano. E si salta. Perché a una festa questo si fa: si celebra con gioia il momento felice degli amici.

Di colpo si apre inspiegabilmente quel buco. Cadono tutti. C’è anche una ragazza incinta. La conta dei feriti è difficile. Alla fine il bilancio sembra assestarsi su sei feriti gravi, cinque codici gialli e venticinque verdi. Il San Jacopo di Pistoia non può contenerli tutti: saranno smistati nei vicini ospedali. Così come accade quando nel bollino della chiamata dei soccorsi spunta la terribile parola, maxiemergenza, i cui scenari sono purtroppo tragici, nessuno dei feriti appare però, e fortunatamente, in pericolo di vita.