
Una svolta legislativa: "Il reato di omicidio dev’essere introdotto. Basta gare al ribasso"
Nemmeno di fronte a tecnologie all’avanguardia, controlli serrati – che però, evidentemente, latitano – e necessità di costruire edifici sempre più sicuri sembra esserci soluzione alla piaga degli infortuni sul lavoro. La drammatica testimonianza di quanto successo in questi giorni a Firenze con gli operai del cantiere del supermercato Esselunga di via Mariti colpiti da una trave di cemento armato che non gli ha lasciato scampo, fanno tornare alla mente tragedie che hanno riguardato anche il nostro territorio: le stime parlano di nessun morto nel 2023 e, per ora, nemmeno nel 2024, ma i numeri complessivi sono davvero spaventosi. E senza controlli e prevenzione tutto diventa più difficile, come afferma Alessandro Grassini, presidente provinciale e regionale dell’Anmil (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro).
"Ci chiediamo sempre quanto vale la vita di un lavoratore e quanto dolore si deve provocare alle famiglie che piangono una persona che, alla sera, non è tornata a casa dalla propria occupazione – attacca Grassini –. Eppure il diritto al lavoro è sancito dall’articolo 1 della Costituzione. Veniamo da un 2023 con 1041 morti sul lavoro in Italia: vuol dire una media di tre al giorno, tantissimi. E in questo conto non ci sono gli infortuni e le malattie professionali. La nostra posizione è semplice – spiega –: di fronte a dati del genere serve una legge che riconosca l’omicidio sul lavoro in modo da inchiodare alle proprie responsabilità chi le ha e non rispetta le regole". Una corsa al risparmio, al cavillo da sfruttare per pagare poco (e sempre di meno) chi poi è in prima linea e rischia la vita tutti i giorni: soldi che, però, non vengono reinvestiti in sicurezza e controlli.
"Prendendo l’esempio di Firenze siamo di fronte ad una azienda che ha sub-appaltato a più di trenta altre ditte – aggiunge Grassini –: viene da chiedersi quanto costi tutto questo. E se si vuole continuare a giocare sulla vita delle persone e basta, mandando addirittura nei cantieri o clandestini, e quindi irregolari, oppure operai metalmeccanici che hanno contratti e mansioni ben differenti di chi, invece, dovrebbe essere lì sul pezzo. È per questo che la domanda da porre alle istituzioni è una soltanto: quanto vale fare appalti – s’interroga – dove l’unica prerogativa è la percentuale di ribasso d’offerta? Sappiamo bene che settori come edilizia, trasporti e magazzinaggio siano i tre più colpiti in termini di vittime, ma le parole ormai non bastano più: serve subito un tavolo tecnico con enti locali, sindacati, Prefetto e – perché no – anche noi di Anmil".
Quello sul quale ci sarebbe da investire è un campo semplice, per così dire: la severità dei controlli e la necessità di formare i lavoratori. "Con i sub-appalti selvaggi diventa difficile spiegare agli operai quelle che sono le regole che devono seguire – conclude il presidente provinciale e regionale di Anmil – anche perché poi non c’è nessuno che rivendica i propri diritti: in questo ambito dovrebbero essere i sindacati a recitare un ruolo importante".
Saverio Melegari