Un vino ad alta quota. La sfida di Gregorio è dentro una bottiglia. E profuma di Montagna

Produzione ancora di nicchia tra Pian degli Ontani e Pian della Quercia. Ma dopo dieci anni di pazienza la qualità è già oltre ogni aspettativa. E il figlio di Carluccio Ceccarelli è ottimista: "Abbiamo grandi possibilità" . .

di Lucia Agati

Pian degli Ontani, Terre dei Lontani, e il vino ad alta quota. Gregorio non ha avuto paura dell’altitudine per tentare la strepitosa avventura della viticoltura eroica, che prende questo nome quando la coltivazione della vite è in condizioni estreme e cioè con una pendenza del terreno superiore al 30 per cento, un’altitudine superiore a 500 metri sul livello del mare e un sistema di coltivazione su terrazze e gradoni e in piccole isole. E dopo dieci anni di pazienza eccole le sue quattromila bottiglie di un vino profumato di Montagna che si chiama "Quota Millecento". Gregorio Ceccarelli, figlio di Carluccio, compianto ex sindaco di Cutigliano nonchè albergatore storico, che ha amato immensamente i suoi monti, è un’ottimista dichiarato, ha la coltivazione della terra nel Dna, fu la passione di Carluccio e del nonno Baldassarre, che Gregorio non ha conosciuto, ma di cui ha ereditato lo spirito. Gregorio è nato il 5 novembre del 1982. La mamma è Sandra Ciucci arrivata dalla campagna lucchese, E’ sposato con Teresa e babbo di Lodovico, che ha dieci anni. Gregorio è il nuovo volto tra i "Pistorienses" di Nicolò Begliomini che, come sempre, ha avuto bisogno di pochi oggetti nella sua saletta di posa della Giorgio Tesi Group per raccontare la vita di un giovane imprenditore e il suo sogno con "Le Terre dei Lontani".

Come inizia la sua avventura?

"Sono nato in un albergo, lo storico Albergo Sichi di Pian degli Ontani che esiste dal 1935 e che tuttora gestisco insieme a mia sorella Pamela, oltre all’azienda agricola “Terre dei Lontani“. Sono abituato da sempre a vivere con intensità la mia terra e a pensare che tutto sia connesso, che ogni aspetto possa essere valorizzato e che possa dare i suoi frutti alla comunità. E’ la mia filosofia. Del resto anche i miei studi, l’agrario e poi l’alberghiero, sostengono entrambe le mie attività".

E come le è venuto in mente di produrre vino ad alta quota?

"L’idea del vino risale a diversi anni fa ed è nata proprio nella gestione dell’albergo, dove ho sempre cercato di portare vini di pregio. Ma il momento decisivo è stato ormai dieci anni fa, nel 2014, quando ho individuato il terreno che sarebbe poi diventato la mia vigna. Sono state fatte analisi e e ricerche e nella primavera del 2015 ho piantato le viti. La prima uva, a Pian della Quercia, nel vigneto Il Quercio, l’ho vendemmiata nel 2016. In genere occorrono tre anni per la produzione e nel secondo settembre ho potuto fare le prime analisi di laboratorio e cominciare a progettare l’ampliamento dell’attività, tuttora in corso. Nel 2022 ho piantato l’ultima vigna, un ettaro sotto la funivia di Cutigliano, a La Forca. Quest’anno ho prodotto quattromila bottiglie del mio vino “Quota Millecento“: bianco, rosso e rosato".

Cosa le consente di guardare lontano?

"La mia è una sfida, lo so, ma ci credo e con orgoglio annuncio il convegno del 26 gennaio 2024 a Palazzo dei Capitani, il primo sulla viticoltura di Montagna in Toscana".

Com’è il suo vino?

"E’ un vino dai grandi profumi. Non ha il corpo e la struttura dei vini di Bolgheri, per esempio. Ma il pinot nero, in affinamento, tocca i 14 gradi e oltre. E’ andato oltre le più rosee aspettative, io pensavo di raggiungere i 12 gradi. Con la varietà di pinot nero, la più coltivata, non era facile, anche perchè non c’erano precedenti".

Come si sente quando sta per verificare la qualità del suo vino?

"I giorni prima sono sempre in ansia. Ma il mio enologo mi dice sempre che il buon vino lo fa chi rischia. Il giorno della vendemmia è sempre una festa. La facciamo a mano, ovviamente, poi per la spremitura utilizziamo attrezzature piccole, ma professionali".

Che dice il mercato?

"Il mercato comincia a sapere ora che esistiamo. Siamo ancora di nicchia e il vino viaggia molto sul passa parola. Lo assaggiano in albergo e lo apprezzano sul posto. In questo momento a me interessa soprattutto conquistare il territorio. Intanto ci aiutano anche i social. Sono un ottimista ed è con questo spirito che affronto la crisi sistemica che affligge la nostra Montagna. Ma le cose vanno discretamente, soprattutto perchè si percepisce la grande possibilità che la nostra terra può offrire".

E i turisti?

"E’ appena ripartita una comitiva di cinesi. Era una gita scolastica per sciare. E sono stato orgoglioso di mostrare loro che si scia, ma che abbiamo anche posti meravigliosi su cui investire. E’ così che prosegue la mia impresa familiare: mia moglie Teresa Stefani si è trasferita qui da Buti e ha aperto un negozio vicino a casa. Abbiamo investito tutti nel territorio".

Che ne pensava suo padre di questa avventura?

"Tutta l’azienda girava intorno a lui. Mio padre è in ogni angolo. Nel vigneto lui ci ha creduto più di tutti. Impazziva di gioia. Diceva sempre che era troppo bello per tutto il territorio".