
Stagione sciistica definitivamente chiusa ancor prima di essere iniziata. E ora è il momento, amaro, per tirare le somme. "I posti di lavoro persi sono stati 50 – inizia l’analisi Rolando Galli, presidente della Saf – Siamo passati dai 75 dipendenti totali ai 10 dedicati a spalature e manutenzioni e 15 sulle altre attività. Gli impianti sono stati tenuti in efficienza ma le quattro annunciate aperture, poi annullate, ci hanno costretto a sostenere le spese ugualmente. Abbiamo iniziato con la produzione della neve a novembre che ha inciso per oltre 100mila euro, altri 150mila sono andati negli stipendi, 400mila tra utenze e energia, aggiungendo concessioni e permessi si passa il milione, un altro milione di ammortamenti e più di 300mila di interessi tra conti correnti e mutui. I canali finanziari attivabili sono stati tutti utilizzati. In assenza di ristori è in dubbio la riapertura di tutti gli impianti d’Italia. Da parte del governo i ristori sono stati garantiti ma fino a che non arrivano viviamo di speranze, la Regione ha fatto la sua parte, ma ora deve accelerare la legge per la montagna e stanziare i fondi già deliberati, non c’è più liquidità".
La Doganaccia denuncia una perdita di fatturato del 40%: "Per tenere aperto abbiamo speso oltre 150mila euro, i danni dovuti alla neve superano i 200mila e via via che si scioglie se ne trovano di nuovi – sottolinea Marco Ceccarelli – Per rimettere le reti e i pali distrutti abbiamo fatto una stima di altri 150mila, in più ci sarà da pagare il personale. Le prenotazioni sono state completamente cancellate e anche per la primavera 2021 non si prevedono entrate. Tenendo conto del lavoro che non ci sarà nei prossimi mesi siamo abbondantemente oltre al milione di euro. Sommando la neve che non è venuta e la pandemia che ci ha tenuti chiusi, sono due anni che non lavoriamo, speriamo prenda forma il collegamento con il Corno alle Scale, il cui inizio dei lavori è previsto a breve, che produrrebbe giro e posti di lavoro. A marzo ripartono i pagamenti dei mutui finora sospesi, senza ristori potrebbero chiudere il 40% delle imprese del settore, in tutta Italia. Nei territori di Cutigliano e San Marcello questo è un comparto che vale più di 2,5 milioni di euro".
Nel comprensorio della Val di Luce la perdita si attesta tra i 3 e i 3,5 milioni di euro, come sottolinea Andrea Formento: "I nostri 50 dipendenti hanno perso tante mensilità, quelli che hanno lavorato in modo abbastanza continuativo sono solo sei, gli altri invece sono stati presenti a turno, così abbiamo cercato di farli lavorare tutti. Tra manutenzioni e spalatura sono stati spesi circa 100mila euro, quando andrà via la neve valuteremo gli ulteriori danni. Il costo dell’impianto si aggira dai 50 ai 60mila euro al mese ed il costo del periodo si attesta intorno al milione. A giugno, se non prima, ripartono i pagamenti dei mutui e imprenditori interessati a ricomprare gli impianti non ce ne sono, non è un rischio per noi ma per l’intero Appennino. Potrebbe innescarsi un problema economico e sociale che chiederebbe anni per essere sanato. Sono molte le persone che stanno cercando lavoro da altre parti e qualcuno l’ha trovato in un’impresa di Pievepelago. Intanto perdiamo professionalità difficili da ricostruire. In tutto questo mi stupisce il silenzio delle istituzioni e delle associazioni. Resta da scoprire con quali regole verranno assegnati i ristori".
Andrea Nannini