
Le storie dimenticate di Piazza San Lorenzo e di Piteccio ci parlano oggi più che mai
C’è una targa in Piazza San Lorenzo, a Pistoia, che dovremmo conoscere meglio. Fu tra i primi segni pubblici della memoria della Resistenza pistoiese: una verità scolpita nella pietra che ci ricorda un fatto scomodo. Il 12 settembre 1943, sei civili furono fucilati dai tedeschi. Tra loro, Maria Tasselli, una donna incinta. I loro nomi sono lì per ricordarci che la guerra non distingue, non ha pietà, non risparmia nessuno. A pochi chilometri, a Piteccio, il 28 aprile 1944, gli Alleati bombardarono il viadotto ferroviario. Un obiettivo militare legittimo, secondo i manuali di strategia. Ma quando alle 11.35 del mattino il cielo si riempì di morte, furono 38 i civili uccisi. Tra loro, bambini. Il ponte, quell’obiettivo così importante, rimase solo parzialmente danneggiato. Queste due vicende sono frammenti di una storia più grande. Una storia in cui la strategia militare schiaccia le vite civili, ieri come oggi. Ho visto lo stesso copione ripetersi nei teatri di guerra in cui ho operato: Afghanistan, Iraq, Palestina. Sempre la stessa logica: neutralizzare un obiettivo, contenere i “danni collaterali”. Ma quei danni hanno nomi, volti, storie. Madri, bambini, anziani.
Dal 7 ottobre 2023, con l’attacco di Hamas a Israele, il Medio Oriente è precipitato in una spirale di violenza. Più di 1.200 civili israeliani barbaramente uccisi, oltre 240 ostaggi. A luglio 2025 decine di loro sono ancora prigionieri. La risposta militare israeliana ha devastato Gaza: quartieri rasi al suolo, ospedali bombardati, scuole distrutte. Le immagini dalla Striscia ricordano quelle viste in Iraq e Afghanistan: stesse dinamiche, stessi esiti. E intanto il conflitto si ramifica: l’aviazione israeliana ha colpito anche Siria e Libia, l’Iran è entrato direttamente nel conflitto con gli Usa coinvolti in una escalation che ha portato la regione sull’orlo di una guerra totale mentre la guerra russo-ucraina prosegue nel suo quarto anno. Dietro le etichette diplomatiche restano i fatti: città bombardate, civili nei rifugi, bambini sotto le sirene. Mentre aerei bombardano postazioni nemiche, si negozia la normalizzazione. Si stringono intese geopolitiche che non considerano le vite civili, né il prezzo che pagano.
Lo schema si ripete con una costanza agghiacciante: attori diversi, giustificazioni diverse, stesso risultato. Gaza come Mariupol, Piteccio come l’Afghanistan, la logica militare schiaccia le vite civili. Non importa se si chiamano ‘operazioni speciali’, ‘legittima difesa’ o ‘guerra di liberazione’: il prezzo lo pagano sempre gli innocenti. Eppure, oggi abbiamo strumenti che i nostri nonni non avevano: Diritto internazionale, Convenzioni di Ginevra, missioni di peacekeeping. Strumenti che funzionano, ma solo se la volontà politica li sostiene. E quella volontà nasce dalla memoria e dal coraggio.
Ecco perché le targhe di Pistoia sono più che semplici lapidi: sono sentinelle del presente. Ci ricordano che ogni guerra inizia sempre allo stesso modo: con la convinzione che “questa volta è diverso”, che “non abbiamo scelta”, che “i nemici sono disumani”. E finisce sempre allo stesso modo, al di là delle motivazioni o dei torti subiti, sono i civili innocenti che pagano il prezzo. La memoria non può ridursi a un rituale. Non basta una corona di fiori una volta all’anno. Serve un ricordo che diventi educazione civica attiva, soprattutto per le giovani generazioni. Le scuole dovrebbero portare regolarmente gli studenti in Piazza San Lorenzo e a Piteccio. Non per una semplice visita, ma per capire come nasce un conflitto, quali segnali lo precedono e come si può fermarlo. Gli amministratori locali hanno un’occasione concreta: trasformare questi luoghi in spazi di formazione alla pace, coinvolgendo testimoni diretti, esperti di geopolitica, militari, operatori umanitari. Fare della memoria un motore di consapevolezza. Pistoia potrebbe diventare un esempio: una città che non si limita a commemorare, ma educa, forma, previene. Perché l’insegnamento di Maria Tasselli e dei bambini di Piteccio attraversa ogni epoca: la guerra la decidono i potenti, ma la subiscono sempre i più deboli. Dimenticare è naturale. Ricordare è una scelta. E oggi più che mai, è una scelta politica.