
Morì al pronto soccorso. Chieste le condanne per medico e infermiera
La morte di Joann Zinkand si sarebbe potuta evitare se la presa in carico da parte dei sanitari del pronto soccorso del San Jacopo fosse stata tempestiva e se la donna fosse stata monitorata. In questo modo si sarebbe evitata la disidratazione, causa della tromboembolia che la portò alla morte. E’ quanto ricostruito ieri mattina in aula, davanti al giudice Pasquale Cerrone, dal pubblico ministero Leonardo De Gaudio che ha chiesto la condanna per omicidio colposo il medico e l’infermiera che quella sera avrebbero avuto in cura l’anziana. Il sostituto procuratore ha chiesto la condanna a 9 mesi per l’infermiera Diletta Martini, 32 anni di Prato, difesa dall’avvocato Cristina Meoni, e a 6 mesi per Paolo Mazzoni, 63 anni di Prato, difeso dall’avvocato Stefano Pinzauti, ritenendo la responsabilità dell’infermiera prevalente. Nel processo, l’Asl è rappresentata dall’avvocato Lucia Coppola.
Zinkand, 74 anni, artista statunitense da anni residente a Pistoia, spirò la sera del 27 luglio 2019 all’ospedale San Jacopo. La morte avvenne intorno alle 5 del mattino, al pronto soccorso dell’ospedale San Jacopo, nel quale la donna era entrata alle 22 della sera precedente, perché accusava un forte dolore toracico. Secondo quanto ricostruito dagli operatori, la donna accusava una pancreatite, che sarebbe stata immediatamente trattata. Poi sarebbe sopraggiunto un ictus, e infine, due arresti cardiaci che non le avrebbero dato scampo. Diversa la ricostruzione resa dai consulenti incaricati dal pm Leonardo De Gaudio. Secondo i periti, la paziente ebbe un’embolia polmonare ma la morte sopravvenne per disidratazione. Se i sanitari avessero attuato un trattamento tempestivo, la morte si sarebbe potuta evitare. Secondo la pubblica accusa,la presa in carico della funzione del ’triage’ (la valutazione infermieristica) fu incompleta. Gli esami ematici furono svolti subito ma il loro utilizzo avvenne solo in una fase successiva, quando si era già deteriorata la situazione clinica. Alle richieste del pubblico ministero si è associato l’avvocato di parte civile, Andrea Gallori di Firenze, che rappresenta la nipote della vittima, Selah Kaiser, che vive negli Stati Uniti. Il legale ha chiesto il risarcimento del danno e una provvisionale di 20mila euro. Le difese hanno sostenuto la ricostruzione dei propri periti, ribadendo che la morte fu dovuta ad un arresto cardiaco e alle patologie pregresse della donna. La sentenza è attesa per il 27 febbraio.