Istituto Comprensivo "Fermi" di Casalguidi

Renzo Corsini dell’Anpi: "Lea Cutini e Liliana Cecchi, le nostre partigiane che hanno salvato molte vite" .

In occasione della Giornata della Memoria dello scorso 27 gennaio, le riflessioni proposte alla classe dai docenti Katia Tesi e Tommaso Cheli hanno suscitato molto interesse, quindi la professoressa Tesi ha suggerito di approfondire l’argomento con un’intervista al vicepresidente dell’Anpi provinciale Renzo Corsini, memoria storica della Resistenza partigiana pistoiese. Tra le tante vicende raccontate, un episodio ha suscitato particolare curiosità nei ragazzi.

Le protagoniste di questa storia sono due partigiane: Lea Cutini e Liliana Cecchi. Lea Cutini era spesso incaricata del trasporto di armi nelle località vicine a Ramini. Dal luglio all’agosto 1944, molti furono i contatti con il presidente del Comitato di Liberazione Nazionale Italo Carobbi, sfollato a Canapale. Proprio tornando da Canapale, il 30 agosto 1944 la Cutini e "Nando", cioè Guerrando Olmi, segretario della Federazione comunista, vennero informati dell’uccisione di un soldato tedesco. Per rappresaglia furono arrestati Olmi, il prete di Ramini, Leonello Venturini e altre persone.

Lea si recò al comando tedesco spacciandosi per la moglie di Olmi e tutti furono condotti in una villetta vicino al cimitero della "Vergine". Lea fu poi rilasciata ma entro 24 ore sarebbe dovuta tornare con notizie sul soldato ucciso. Su suggerimento dei compagni, si recò al comando tedesco a contattare Liliana Cecchi, componente del Gruppo di Difesa della Donna, impiegata comunale quindi alle dipendenze del comando tedesco, anche se in segreto era d’accordo con il Comitato di Liberazione.

Al comando di Ramini, Lea e Liliana, che era ben vista lavorando per i tedeschi, raccontarono che il soldato era scappato verso gli Alleati sul San Baronto. Quindi non era stato ucciso ma era un disertore. Il comandante tedesco mise alla prova Liliana, alla quale chiese di riconoscere in foto il soldato. Si sarebbe salvata se l’avesse riconosciuto, altrimenti avrebbe ucciso lei e tutti gli altri. Dicono che indovinò puntando a caso un dito, così salvò la vita a otto persone.

"È stato più difficile fare il partigiano donna che uomo – afferma Corsini - perché gli uomini erano armati, al contrario delle donne che a mani nude portavano in giro munizioni e bombe. Sembrano storie semplici a raccontarle, ma non a viverle. Le donne da sole, secondo me, hanno dimostrato di essere fondamentali e coraggiose, portando ordini o roba scottante tra le formazioni, hanno rischiato molto, per poi essere dimenticate, purtroppo, dopo la guerra".