Pistoia, "Influenza: non portate i bimbi in ospedale"

Il primario di Pediatria Agostiniani: "Boom di accessi: ma si espongono i piccoli al rischio di contagio di altri virs. Febbre alta: è una difesa"

Pistoia, 7 dicembre 2022 - Febbre alta, anche fino a 40, che dura giorni, e poi raffreddore e dolori. L’influenza quest’anno è cattiva, e nei bambini i sintomi sono più importanti: merito di un sistema immunitario giovane che risponde con forza alle aggressioni. "Perché la febbre è un potente meccanismo di difesa", come spiega il dottor Rino Agostiniani, primario della Pediatria di Pistoia e tesoriere Sip (Società italiana Pediatri).

Dottore, negli ultimi giorni si è registrato un boom di accessi da parte dei bambini anche piccoli nei pronto soccorso?

"Siamo stati tutti letteralmente presi d’assalto. E i numeri ce lo confermano: tra la sera di sabato 3 e quella di domenica 4 dicembre sono stati 277 i bambini portati nei reparti di pediatria degli ospedali dell’Asl Toscana Centro. Di questi, sono stati 70 quelli al San Jacopo di Pistoia (altri 115 a Prato e 50 ad Empoli) Numeri incredibili. Ma soprattutto, fa riflettere l’esigua percentuale dei piccoli che una volta visitati sono stati ricoverati: appena 10".

Questo che cosa significa?

"Significa che quegli accessi si potevano evitare. Quando un bambino ha una febbre molto alta, di solito i genitori si allarmano, e la condotta è di portare il piccolo in ospedale. In realtà, vanno considerare le condizioni generali del bambino: una volta somministrati i farmaci essenziali, quali ipobrufene o paracetamolo, se il bambino torna a giocare, vuol dire che non ha necessità di una valutazione ulteriore. I casi in cui portare i piccoli in ospedali con la febbre alta sono essenzialmente due: in caso si tratti di neonati, fino ai 4-6 mesi, o nel caso in cui si noti che il bambino è meno vigile, o vispo, cioè se modifica molto la sua condotta abituale. Ma la febbre è solo un meccanismo di difesa del sistema immunitario. Portare il piccolo in ospedale con l’influenza vuol dire esporlo al rischio che venga contagiato con altri virus, magari".

Qual ’è il percorso giusto?

"Di sicuro, quello che è accaduto negli ultimi giorni ci fa capire la necessità che venga ripensata un’organizzazione sul territorio. Ma parlo di organizzazione e intendo per esempio il potenziamento delle Case della Comunità che possano dare risposte nelle 12 ore diurne, 7 giorni su 7. I pediatri che lavorano negli ambulatori (cinque giorni a settimana) fanno davvero il massimo per dare assistenza ai piccoli e risposte alle loro famiglie ma evidentemente c’è bisogno di governare diversamente la richiesta".

Rispetto alla vaccinazione, come è andata con i piccoli?

"I numeri sono ancora bassi e ci dicono che c’è una scarsa fiducia delle famiglie nella vaccinazione. Così come è avvenuto per la vaccinazione anti Covid: c’è stato un 30% di famiglie che non vedeva l’ora di vaccinare i propri figli, un altro 30% contrario e gli altri che si sono messi in una posizione di attesa e, una volta passata la paura, hanno scelto di non vaccinare. Invece, l’influenza così come il Covid può essere molto disturbante sui bambini come sugli anziani".

Riguardo ai farmaci utilizzati per combattere l’influenza?

"Quello che va chiarito è che gli antibiotici non solo sono inutili in questi casi, ma anche dannosi, perché uccidono non solo i germi ‘cattivi’, ma anche quelli ’buoni’, che sono uno dei principali strumenti di difesa dalle malattie".