Il mondo secondo Soffici "Gli animali ci parlano..."

La giornalista sarà la protagonista, con lo scrittore Trevi, di domani sera. Un libro (e una chiacchierata) per indagare a fondo nella natura umana.

Il mondo secondo Soffici  "Gli animali ci parlano..."

Il mondo secondo Soffici "Gli animali ci parlano..."

Altro da noi, eppure un prolungamento di noi. Di più: uno specchio nel quale ritrovarsi, finalmente umili e umani, dove ‘umano’ è ciò che è capace di emozione vera. Che negli animali risieda un invisibile quanto necessario pezzo di noi lo prova la letteratura tutta consegnandoci un bestiario sconfinato che racconta sì il loro mondo, quello delle bestie, ma anche il nostro: perché se l’essere umano è capace di mettersi all’ascolto del non umano anche così troverà le risposte. È dedicato a questo mondo l’incontro di domani (ore 21.30, piazza del Duomo) tra la giornalista Caterina Soffici e lo scrittore Emanuele Trevi, a tu per tu in "Avanzi di canile. Letteratura, cani e altri animali". È con Caterina Soffici che tentiamo una lettura di questa relazione.

Cosa o chi sono gli ‘Avanzi di canile’ che chiamate in causa?

"Siamo tutti noi. In un mondo diviso tra chi ama i cani e chi i gatti, io mi schiero tra i primi. I cani hanno un comportamento cristallino, senza mediazione. I cani, per dirla alla Schopenhauer, sono trasparenti. I cani hanno bisogno continuo dell’approvazione dei padroni, cercano affetto ma fanno anche un sacco di stupidaggini, si comportano con vigliaccheria, ma sono degli animali immediati. Il potere degli animali è risvegliare il nostro istinto primordiale, quello che fa capo alla parte più umile degli umani hanno. Liberarci dalle sovrastrutture e rendere di nuovo visibile quel che noi cerchiamo di non vedere più".

La letteratura è zeppa di animali a loro modo ‘parlanti’. Un titolo o un autore che più l’ha colpita?

"Amo tutti gli animali della letteratura. Dai gatti di Ernest Hemingway e Doris Lessing al Buck di Jack London, passando per uno dei cani più celebri, Argo. Ecco, in quella narrazione – il cane che aspetta il padrone per vent’anni tra guerra e vagabondaggi – s’incarna l’idea di ottusa fedeltà che mi colpisce. Ma io amo molto anche i cani bastardi, cani un po’ sbilenchi e pieni di difetti. Randagi come il Guappo, il ‘can’ ‘e munnezza’ di Raffaele La Capria, consapevole di essere un miracolato, l’ultimo degli ultimi tra i cani. Mi ha sempre interessata come gli scrittori riescono a raccontare attraverso gli animali. Geniale pure la Woolf che attraverso il cane Flush racconta la vita di un umano. Paradossale che la letteratura renda parlanti soggetti incapaci di linguaggio verbale".

Altri sono stati gli animali per lei rivelatori, come racconta nel libro “Lontano dalla vetta“…

"Bizzarro a pensarci: la capretta, insignificante animale per antonomasia, in realtà mi ha suggerito altro di più profondo. Attraverso quest’animale selvatico e istintivo comprendi qual è il rapporto basico con la natura, troppo spesso dimenticato. Quel racconto l’ho scritto in pandemia, quando mi ritirai in baita, sui monti, tra camminate e uscite con la pastora del posto. Ognuna di quelle bestie aveva la propria indole, tutte accomunate da uno spirito ribelle. Avevo ravvisato in loro un’attitudine particolare, un’idea di libertà e così ho ritrovato una connessione con cose più profonde che vivendo in città avevo perso".

Da cittadina del mondo ha sperimentato vite diverse. Montagna, città, metropoli: come cambia da ciascuno di questi luoghi il punto di vista verso la natura?

"Ogni realtà ha i suoi lati positivi e negativi. Per quel che riguarda me, sempre di più la dimensione urbana mi va stretta e la vita nomade mi ha un po’ stufato. Serve avere anche un’appartenenza, radici. E credo che la pandemia abbia rivelato molto a tutti in questo senso".

È appena uscito per Utet il libro “Loro e noi“ dove lei partecipa con un suo contributo. Cosa dobbiamo aspettarci dal suo racconto?

"Scrivo di un cane randagio, forse abbandonato, un avanzo di canile. Del tema della metropoli, della provincia e del potere degli animali di farci mettere a fuoco alcuni concetti a partire dalla storia di una donna e di una bestiola. Dentro, una serie di messaggi obliqui che parlano di noi".

linda meoni