
L’indagine è stata condotta dalla Guardia di Finanza (foto d’archivio)
PISTOIA
Una delle più imponenti operazioni contro le frodi sui bonus edilizi mai condotte in Toscana ha portato al sequestro di beni per un valore complessivo di 11 milioni di euro. È l’esito di un’indagine della Guardia di Finanza di Prato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pistoia, che ha smascherato un articolato sistema criminale dedito alla creazione e commercializzazione di crediti fiscali fittizi. Tre le persone indagate.
Nel mirino degli inquirenti un’organizzazione operante tra le province di Prato e Pistoia, che aveva ideato un meccanismo per trarre indebiti vantaggi dal ‘’Bonus Facciate’’ introdotto con la Legge di Bilancio 2020.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, venivano attestati falsi interventi edilizi – mai eseguiti o solo parzialmente realizzati – con lo scopo di generare crediti d’imposta inesistenti, successivamente ceduti o monetizzati tramite intermediari compiacenti.
Il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia ha disposto: il sequestro di denaro, beni mobili e immobili per oltre 8,5 milioni di euro; il blocco di tre unità immobiliari, tra cui una struttura alberghiera, un opificio industriale e un’abitazione privata, per circa 2 milioni di euro; il sequestro impeditivo di tre società di capitali per un valore di 300mila euro. Il totale dei beni sequestrati ammonta così a circa 11 milioni di euro.
Le società coinvolte, per evitare danni a terzi in buona fede e garantire la continuità aziendale, saranno ora gestite da amministratori giudiziari.
L’indagine, avviata nel 2022, ha fatto luce su un sistema truffaldino altamente organizzato. Gli indagati si avvalevano di documentazione fittizia e intestazioni fittizie di immobili – spesso all’insaputa dei reali intestatari – per simulare l’esecuzione di lavori edilizi.
In questo modo venivano generati crediti fiscali poi venduti a soggetti terzi, alcuni dei quali in buona fede. I proventi illeciti venivano infine riciclati attraverso l’acquisto di beni di lusso, immobili e auto di alta gamma, o reinvestiti con operazioni finanziarie complesse, nel tentativo di mascherarne la provenienza.
Secondo la Guardia di Finanza, al vertice del sodalizio criminale si trovavano un imprenditore con precedenti per reati fiscali e fallimentari, considerato l’ideatore dello schema; un prestanome, formalmente intestatario delle società coinvolte; una commercialista attiva tra Prato e Pistoia, che avrebbe curato le comunicazioni all’Agenzia delle Entrate per attivare i crediti fittizi. Tutti e tre risultano direttamente beneficiari dei profitti generati dalla truffa.