LINDA MEONI
Cronaca

Dialoghi di Pistoia. Sociologa in lotta per i diritti. Il riconoscimento a Saraceno

La professoressa è stata insignita del premio ’Dialoghi 2025’ per la sua battaglia civile e culturale "In Italia sono cambiate molte cose, ma non abbastanza rispetto a quello che si poteva fare".

Chiara Saraceno, filosofa ‘convertita’ alla sociologia (Acerboni/fotoCastellani)

Chiara Saraceno, filosofa ‘convertita’ alla sociologia (Acerboni/fotoCastellani)

Di seguire la moda non le importa. Non le è mai importato, in verità. La prova dei fatti sono la moltitudine di studi, ricerche, pubblicazioni e percorsi condivisi – a volte anche contestati e scomodi, con quei "roghi virtuali" cui sa benissimo d’essere stata destinataria – che hanno lasciato il segno attorno a temi epocali. La contraccezione, l’aborto, la condizione femminile, il divorzio: dalla lente di Chiara Saraceno, filosofa ‘convertita’ alla sociologia, tra le voci più influenti del nostro tempo, è passato di tutto. Dichiaratamente femminista, laica e di sinistra, Saraceno è una di quelle che nel ’68 ha lottato e non solo scendendo nelle piazze, ma anche e soprattutto col proprio lavoro di ricerca, in un "percorso per certi versi naturale e spontaneo. Il che, va detto, non significa semplice". È lei la destinataria del Premio Internazionale Dialoghi di Pistoia 2025 per la "battaglia civile e culturale" da lei condotta a unire "la critica delle disuguaglianze alla promozione di forme sempre più avanzate di tutela dei diritti. Nei suoi lavori – si legge nella motivazione – ha saputo far dialogare linguaggi diversi, parlando sia agli specialisti sia a un pubblico più ampio, senza mai abbandonare il rigore".

Professoressa, più orgogliosa o più critica con se stessa per quanto fatto finora?

"Sono onorata di ricevere questo premio che riconosce il mio tentativo di non essere soltanto un’accademica, ma rende merito all’utilità del lavoro svolto. Appartengo a una generazione molto coinvolta nei movimenti ma anche nella trasformazione sociale. Sono stata una giovane adulta. La percezione non è non aver fatto abbastanza. C’è semmai la delusione per un lavoro, quello degli intellettuali incluso il mio, non sufficientemente utilizzato da chi avrebbe potuto".

Agenda 2030 è a un passo: il goal cinque sulla parità di genere, altro tema da lei fortemente indagato, è lontanissimo dall’essere raggiunto…

"In Italia molte cose son cambiate. Nell’istruzione l’uguaglianza è stata raggiunta, pur se in ritardo di dieci anni rispetto agli altri paesi occidentali. Questo ha prodotto cambiamenti positivi ma non abbastanza rispetto a quanto si poteva promettere: tuttora le donne oggi sono meno occupate degli uomini, fanno meno carriera, guadagnano meno anche a parità di titolo. E mentre la legislazione italiana, intesa come diritto di famiglia, è andata avanti, le politiche sociali camminano lente. E intanto le disuguaglianze aumentano. Due quelle che più mi addolorano. Quelle tra bambini, in tema di opportunità di crescita, coi minori a più alto rischio povertà di adulti e anziani. Oggi una famiglia con tre figli è ad alto rischio di povertà assoluta, il che non consente di realizzare la seconda parte dell’articolo 3 della Costituzione, a proposito di sviluppo della persona. E poi il fenomeno in aumento della povertà nonostante il lavoro. In un paese in cui si continua a dire che si è poveri perché si è pigri e non si ha voglia di lavorare".

Ciclicamente il tema dell’aborto torna e crea dibattito. Quanto c’entra la religione?

"La presenza del Vaticano in Italia non è irrilevante, ma esistono a prescindere resistenze culturali e valoriali. Esistono conflitti di tipo etico che bisogna accettare. È legittimo. Non lo è invece imporre erga omnes un principio. Ed è inaccettabile parlare di assassinio, donne o medici assassini".

A proposito di famiglia: le ultime sentenze riscrivono nuovi confini…

"Un passo avanti importantissimo, non solo perché riconosce il diritto delle madri alla maternità ma perché la motivazione parte dal punto di vista del bambino riconoscendogli il diritto ad avere quei genitori che lo hanno voluto. Negarglielo perché i genitori non appartengono al formato standard è rendere il bambino legalmente orfano di un genitore quando invece ce l’ha. Oggi anche la Corte ci dice che una famiglia non la fa la natura biologica. Questo creerà altre possibili discriminazioni. Ma il punto vero è che in Italia il legislatore fa fatica. E non solo su questo. Penso al suicidio assistito, ritenuto costituzionalmente legale. Eppure il Parlamento non legifera e anzi si oppone alle iniziative di legge regionali. Costringendo chi ha i mezzi ad andare all’estero. Tremendo, dispendioso e di una crudeltà pazzesca".

linda meoni