REDAZIONE PISTOIA

Ballando con Mina I formidabili anni di Bussoladomani con Guido Bernardini

Ballando con Mina I formidabili anni di Bussoladomani con Guido Bernardini

di Lucia

Agati

Ha fatto il dj e ha giocato a basket fino alla B. Anche contro Pistoia. Negli anni Ottanta faceva gli zoccoli in Passeggiata, a Viareggio. Zoccoli di legno su misura dalle nove di mattina fino a mezzanotte. A quei tempi andavano tantissimo. Suo zio acquisito era Cesare Maldini, la moglie Marisa era la sorella della sua mamma Bruna, figlia di un industriale della Brianza che aveva molto investito in Versilia. Passavano dalla Cisa per raggiungere Viareggio e un giorno Bruna conobbe Sergio Bernardini, a quell’epoca rampante gestore di locali versiliesi. Poi ci furono la Bussola e Bussoladomani. Il resto è storia. Lui è Guido Bernardini, ginecologo, il figlio maggiore di uno dei più illustri impresari della storia della musica italiana, che contribuì al successo dei più grandi artisti del mondo. Guido è pistoiese dal 1997, da quando vinse il concorso che lo portò nel reparto di maternità del Ceppo. E questo è il suo cuore aperto. Il primo.

"Ai tempi di Bussoladomani facevo il ragazzo di bottega. Il tuttofare. Se c’era da andare a prendere Sara Vaughan all’areoporto andavo io. Se c’era da accompagnare Barry White, o Lucio Dalla, mandavano me. Ho cenato con Fabrizio De Andrè e ho ballato con Mina. Questo è il mondo che ho vissuto. Un mondo molto più semplice di quello che può sembrare all’esterno. "Molto diverso da come viene percepito fuori. Ma era il mio mondo. Quando ho ballato con Mina avevo sedici anni, ed ero troppo giovane per capire la portata del personaggio. Insomma, per me era normale. Poi, nella maturità, ho cercato una intesa diversa con gli artisti. Con Giorgio Gaber, un personaggio estremamente interessante, c’è stata una grande amicizia. E ho un ricordo indelebile di Renato Zero, un uomo molto sensibile. "Quando morì mio padre ero a Roma e Renato mi fece sentire la canzone che aveva scritto per lui. E’ un brano non noto. Ma che esiste, si trova in rete. Si intitola “Capitano non lasciare questa nave“. In occasione di un premio intitolato a mio padre Renato Zero non poteva cantarla in pubblico per motivi di contratto. La recitò. Fu un momento bellissimo. Mio padre Sergio era un uomo di grande carisma e di grande capacità comunicativa. Era un visionario e un poeta. Lui è morto povero. E’ una cosa che sanno tutti. E io non ho mai lavorato per hobby. C’è chi me lo ha detto più volte. Ma la preziosità della vita non sono i soldi, ma il tesoro della vita stessa.

"Ma so di aver vissuto un mondo bellissimo, che poi si è sgretolato. Poi però lo abbiamo potuto raccontare. Ho visto le due facce della medaglia. Potevo sbarellare, certo, invece ho vissuto un doppio privilegio, ho vissuto due mondi, due stili di vita. Quando mi hanno intervistato per lo speciale di Rai Cinema che andrà in onda per il trentennale della morte di mio padre, che perse la vita il 2 ottobre del 1993, in un incidente stradale, a 68 anni, mi hanno chiesto che cosa gli avrei voluto dire se avessi potuto riaverlo con me per un minuto. Ci sono stati alti e bassi con lui e penso che l’importante, comunque, sia sempre l’amore. Ora so che gli direi questo: “Ho preso una strada diametralmente opposta alla tua. Tu eri la poesia. Io il pragmatismo. Ma si completano a vicenda. Perchè la vita è poesia e concretezza. L’ho sperimentato sulla mia pelle. Anche se ti ho visto poco“.

"La decisione di fare il medico ce l’avevo dentro da sempre, fino dai tempi del liceo a Milano, dove ho vissuto gli anni di piomba da vicino. L’università invece l’ho fatta a Pisa, fino alla specializzazione in ginecologia e ostetricia, decisa durante il tirocinio in clinica ostetrica. Perchè la mia indole va incontro alla vita.

"Il pianeta donna mi ha sempre affascinato. La donna è una creatura eccezionale. Direi che è stato un colpo di fulmine. E poi c’è un altro aspetto unico: l’ostetrico ginecologo è l’unico medico a cui ti rivolgi per un problema, ma anche per una cosa bella. Ho lavorato per diversi anni in un ospedale di Bollate che oggi non esiste neanche più poi, nel 1997, ho vinto il concorso a Pistoia e qui sono rimasto. Sono pistoiese. Sono tornato in Toscana. Sono stato medico ospedaliero fino al 2022. Ora sono in pensione e faccio la libera professione. Non lo so quanti bambini ho fatto nascere e poi comunque questo è un merito delle ostetriche. Un ginecologo è importantissimo, ma è l’ostetrica che fa il lavoro principale. Alle mie pazienti ho sempre detto “meno mi vedi e meglio è“. "Ho tre figli, il più piccolo, Giulio, è nato a Pistoia e si è diplomato al Musicale Forteguerri, ora sta a Milano e frequenta l’Università Abbado, si sta laureando come tecnico del suono con la sua compagna, la cantante Alibi, anche lei diplomata al Forteguerri. Dalla Toscana è tornato verso la Lombardia, come me. Toscana e Lombardia sono le nostre due anime. Ciò che è mix è Rock, come dice Celentano. Ed è un buon modo anche per abbattere i confini. Le guerre, qualcuno ha detto, si sconfiggono in sala parto".