Alberi uguale salute "Dovrebbero ricoprire il 30% dei centri urbani Così più vite salvate"

Il presidente del Distretto vivaistico ornamentale Ferrini riflette sul rapporto prezioso tra esseri viventi (umani) e vegetazione: "Ecco l’antidoto alle morti precoci causate dall’inquinamento" .

Alberi uguale salute  "Dovrebbero ricoprire  il 30% dei centri urbani  Così più vite salvate"

Alberi uguale salute "Dovrebbero ricoprire il 30% dei centri urbani Così più vite salvate"

Il futuro passa attraverso il verde, in termini di salute e di economia. Il messaggio del presidente del nostro Distretto vivaistico ornamentale, Francesco Ferrini, ospite oggi alle 15 al teatro Bolognini per il festival “Dialoghi“) è chiaro e regala molti spunti di riflessione.

Dalla salvezza degli alberi dipende anche la nostra: questo legame è sempre stato così stretto?

"Sì, con la differenza che oggi ci siamo resi conto di quanto siano fondamentali gli alberi. Che questo sia un rapporto stretto lo testimoniano anche scritti vecchi un paio di millenni prima di Cristo. Un esempio che rende l’idea: nella Bibbia la parola ‘albero’ ricorre oltre duecento volte. Vengono citate la quercia, l’ulivo, il fico, la palma, il cedro, tutte piante che hanno rivestito un’importanza fondamentale anche a livello di sacralità. Agli alberi da sempre le religioni cosiddette monoteiste riconoscono proprietà divine".

Di quanti alberi disponiamo e di quanti invece avremmo bisogno per vivere bene?

"Secondo l’Oms dovremmo avere una copertura ad alberi di almeno il trenta per cento nelle aree urbane. Siamo ben lontani da questa cifra, alcune città non arrivano neppure al cinque, sei per cento. Eppure se raggiungessimo quella quota avremmo meno morti precoci a causa dell’inquinamento. Parliamo di alcune centinaia di vite salvate per città come Milano e Roma, diverse decine per Firenze. Salvare una vita è fondamentale e oltre a questo c’è da considerare l’importante impatto economico poiché ogni morte precoce è un danno per una comunità che si traduce in centinaia di migliaia di euro per le città più piccole, milioni se non miliardi di euro a livello globale. Queste risorse potrebbero essere utilizzate per prevenire queste dolorose perdite umane".

Progettare il verde urbano è facile se si parte da zero, ma che fare con il verde urbano esistente?

"Partiamo dalle parole. Basta dire ‘manutenzione’, parliamo di cura perché è ad esseri viventi che ci riferiamo. Ciò di cui disponiamo deve essere curato al meglio evitando quelle disastrose potature che azzerano o riducono tantissimo le potenzialità che hanno gli alberi di ridurre la temperatura, di intercettare precipitazioni violente o inquinanti, di stoccare CO2, di generare benessere psicologico. In certi casi purtroppo serve sostituire un albero diventato incompatibile per problemi di sicurezza di quell’area. Ecco, che lo si sostituisca immediatamente, con almeno un’altra pianta se non due tenendo presente però che è impensabile ricostituire viali verdi tutti uguali: alberature storiche messe a dimora in un tempo in cui esisteva un clima diventato anch’esso storico non sempre possono essere sostituite con piante analoghe. Occorrono poi, nelle città storiche, nuove modalità di convivenza anche con le regole imposte dalla Soprintendenza".

Una progettazione di verde urbano ben fatta di che parametri deve tener conto?

"Le aree verdi devono essere intese non come soluzioni estetiche. Si deve progettare in funzione dei servizi ecosistemici che ci aspettiamo le piante possano fornire. Questo si traduce in messa a dimora di alberi più performanti, più tolleranti verso gli estremi climatici. La città ospita la natura, ma soprattutto è la natura che ospita la città. Servono cautela ed educazione".

Che parte attiva a tutela dell’ambiente svolgono da un lato il settore vivaistico, dall’altro Gea?

"Da tempo gli imprenditori vivaisti precedono i cambiamenti e hanno già cominciato ad aggiustare il tiro con cultivar e specie che richiedono meno acqua. Gea sta facendo tantissimo anche con una convegnistica molto ricca. L’auspicio è che si possa costruire un polo biotecnologico dove ricercatori, imprenditori e persone comuni possano avere i riferimenti e le informazioni di cui hanno bisogno. Ricordiamo il grande Parco Gea 2030, che sarà ulteriore fiore all’occhiello per Pistoia. Voglio infine anche con rammarico far notare che troppo spesso parlando di eccellenze toscane ci dimentichiamo di citare il vivaismo. Eppure si tratta di un’eccellenza mondiale, del polo più grosso d’Europa e forse del mondo. Nel mio mandato sto cercando di lavorare per questo, per far trasparire questa grande potenzialità ed eccellenza".

linda meoni