FRANCESCA BIANCHI
Cronaca

Vaccinata in Kenya, il Green pass è un’odissea. "L’Asl non riconosce Astrazeneca"

Maria Rita Tarquini, cooperante pisana, anima della onlus ‘Sucos’: "Da mesi vivo coi tamponi. Devo tornare là, ma non riesco a partire"

Maria Rita Tarquini mostra i certificati della doppia vaccinazione fatta in Kenya

Pisa, 18 novembre 2021 -  Il Covid non ha fermato il grande progetto di cooperazione in Kenya, che dura da trent’anni. Le tante anomalie del Green Pass rischiano di farlo. Maria Rita Tarquini è l’anima e il motore del "Sucos", onlus che opera intorno a Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi. Instancabile e determinata, vive facendo la spola tra Pisa e l’Africa dove riuscita a costruire un villaggio rurale, una scuola e un ospedale indipendente, intitolato alla dottoressa Manuela Roncella, acquistando un appezzamento di terreno in territorio Masai. Una speranza di futuro per tante famiglie, una ‘macchina’ molto complessa da gestire.

Poi è arrivato il Covid, e le cose si sono fatte ancora più difficili. "Sono partita il 9 gennaio del 2020. Mentre ero in Keniy è esplosa l’epidemia. Sarei dovuta rimanere tre mesi ma il lockdown in Italia non mi ha permesso di rientrare. Poi quando è diventato possibile viaggiare è scattata la quarantena in Kenia. Bloccata di nuovo. Alla fine sono stata costretta a rimanere fuori dall’Italia per 18 mesi". Il tempo di fare là le vaccinazioni. Prima e seconda dose, nello stesso ospedale che Maria Rita Tarquini ha tirato su e che tramite il dispensario, sta vaccinando (e salvando) tantissime persone. Un sistema che funziona. "Nel villaggio e tra i nostri sanitari non abbiamo avuto neppure un caso di Covid mentre ero là" dice. Ritorno a casa: settembre 2021. Prossimo volo, già fissato, per concludere una serie di progetti importanti: il prossimo 15 dicembre.  

Ma un errore di trascrizione in Kenia e la burocrazia italiana adesso stanno mettendo i bastoni tra le ruote. "La Usl Toscana Nord Ovest mi ha negato il green pass. Inutili tutti i tentativi di risolvere o far capire la situazione". Tutta colpa di una dicitura e di una data. Il certificato vaccinale della prima dose (datata 19 aprile) attesta l’effettuazione di una dose di vaccino Covishield. L’errore è nel certificato vaccinale che riepiloga le due dosi: la prima diventa "Oxford/Astrazeneca", esattamente come la seconda (del 19 luglio). E secondo la Usl Toscana Nord Ovest la richiesta di green pass non può essere accolta. Da marzo 2021 (e il vaccino di Maria Rita è antecedente) infatti "è necessario che la dicitura Astrazeneca sia accompagnata dalla dicitura Vaxzevria, oppure che rientri in uno dei vaccini riconosciuti".  

E Oxford/Astrazeneca non sembra che lo sia, almeno in Italia, mentre in Kenya è stato usato per vaccinare senza sosta, e con successo, visto che nelle strutture di "Sucos" non si è ammalato nessuno. Una doccia fredda, un pugno nello stomaco. "In questi mesi – racconta Maria Rita Tarquini – ho continuato le attività della onlus sottoponendomi a tamponi continui ma rinunciando anche ad alcune iniziative di raccolta fondi, che sono comunque vitali per il lavoro in Kenia. Ma quello che più mi preoccupa è il non poter partire: a fine anno ci sono importanti adempimenti amministrativi che devo seguire personalmente". "Devo essere là – spiega – per gestire i fondi necessari a mandare a scuola i nostri bambini a partire da gennaio ma anche per seguire il passaggio di proprietà delle abitazioni dal ‘Sucos’ alla comunità. Un traguardo che è atteso ormai da tanto tempo, delicato e fondamentale nel processo di sviluppo che, passo dopo passo, abbiamo avviato e consolidato in tutti questi anni". Un processo che non può essere fermato proprio adesso.