di Antonia Casini
Perché nessuno ha cercato Emanuele in quei tre giorni in cui sembrava sparito nel nulla? Era rientrato in caserma la sera del 13 agosto del 1999, ma all’appello di verifica delle 23.30 fu segnato assente. E’ ruotata intorno a questa e ad altre domande la seconda vera udienza in Corte d’asssise sul caso Scieri, il giovane siciliano trovato morto il 16 agosto di 23 anni fa nella caserma Gamerra di Pisa (ucciso, secondo l’accusa, per atti di nonnismo e prevaricazione). A processo per omicidio volontario ci sono due ex caporali, Luigi Zabara, presente in aula, (difeso dagli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Maria Teresa Schettini) e Alessandro Panella, tutelato da Andrea Cariello, (il terzo Andrea Antico è stato assolto in primo grado, ma è stato già presentato l’appello dalla Procura, il pm Sisto Restuccia con il procuratore capo Alessandro Crini).
"Al contrappello Scieri mancava – ricostruisce Picelli, uno degli 8 testi ascoltati ieri – Non rispose ma qualcuno riferì ai caporali che era rientrato in caserma. E la cosa fu segnalata. Ci fu ordinato di metterci in branda. Da lì, era la regola, non potevamo muoverci. La mattina dopo non lo vedemmo. Ci chiedevamo: ‘Chissà dove è finito. E che cosa starà facendo?’ Ce lo domandavamo tutti". Prima ancora, si parla del famoso viaggio in bus e della posizione della sfinge alla quale furono costretti gli allievi parà. "Ci costrinsero a stare a sedere con la schena diritta. Eravamo amici, Emanuele era persona scrupolosa. Arrivammo in caserma poco prima di pranzo. Uscimmo insieme in giro per Pisa per vedere il centro. Il clima era tranquillo. Tornammo sempre insieme".
Quindi, si passa al giorno della scoperta del corpo. Si descrive il luogo, ai piedi della torretta di asciugatura, anche con l’aiuto delle foto dell’epoca. "Il 16 ero di servizio al casermaggio, la mattina avevamo svolto l’addestramento e, dopo pranzo, ci recammo ai magazzini dove si trovavano forniture e attrezzatura. Ero in mezzo a una fila di armadietti, ma c’erano anche dei tavoli. Sentii gli altri tre che erano con me urlare, erano vicino all’ingresso del cortile. Dalla strada non si vedeva niente. Lo riconobbi subito perché aveva un marsupio di pelle molto bello che mi aveva affascinato fin da quando eravamo a Firenze. Uscimmo e trovammo un ufficiale con un mezzo a due ruote, lo fermammo per avvisarlo. Arrivarono in seguito i carabiniere del nucleo".
La parte civile, avvocati Ivan Albo e Alessandra Furnari (per la madre e il fratello di Lele) insistono molto su chi, quando e come furono decisi gli ordini di servizio di quel giorno. Il ritrovamento fu voluto?, il quesito di base. Un altro punto chiave è, da sempre, quello delle licenze. "Era possibile restare a dormire in caserma pur essendo in licenza o si rischiava la sanzione?", chiede Di Giuliomaria al testimone citato De Silvestris, proprio perché tutti e tre gli ex caporali accusati dovevano essere ufficialmente assenti il 13. "Non era consentito", risponde il test. Ma la difesa della famiglia Scieri sostiene invece che fosse consuetudine e che non ci si dovesse semmai far scoprire dai superiori.