
Vietato l'ingresso a chi non indossa abbigliamento consono
Pisa, 9 luglio 2015 - «Una giacca me la sono portata». Previdente il visitatore che ieri mattina, temperatura sopra i trenta, è entrato in Tribunale con il cambio. In maniche di camicia fuori, abbottonato dentro. Il cartello a firma del presidente Laganà posto all’ingresso, con il quale si richiede un abbigliamento consono, un po’ intimorisce. Molti, in passato, gli uomini - occasionali e non solo - beccati con pantaloncini e ciabatte. «È pervenuta da parte di magistrati - scrive il presidente nell’avviso - segnalazione della presenza all’udienza penale, di imputati o testimoni che indossavano un abbigliamento non adeguato alle aule di giustizia (come, ad es. pantaloncini corti o bermuda; ciabatte, canottiere etc)». Ma se il via vai maschile, ieri, era abbastanza composto, non si può dire altrettanto di quello femminile. Abitini striminziti e scollati, trampoli o infradito e spalle in bella vista. Dov’è il limite? I riferimenti sono il buon senso e il buon gusto, ovviamente, che però in certi casi sono dimenticati. Stop dunque a minigonne vertiginose che lasciano le gambe ampiamente scoperte e, in generale, a una mise da mare. Tocca ai vigilantes controllare e garantire l’invocato decoro. Tenendo a bada, e nei casi più evidenti, rispedire indietro gli avventori indisciplinati.
Una vita non facile per gli addetti. Visto che qualcuno - tra cui una bella avvocata che riceve anche i complimenti di colleghi e frequentatori del Palazzo - si presenta con uno scollo profondo e le gambe (abbronzate) in primissimo piano. Vestiti trasparenti e gonne bianche che lasciano poco alla fantasia. Fra chi entra ed esce schiene scoperte e reggiseni in bella vista. «Hai visto il cartello?», chiede una donna a un’altra. Ed ecco una bella ragazza, cascata di ricci, sandali tacco 12 e veste sopra il ginocchio. Eppure il provvedimento ha ricevuto il consenso di molti. Soprattutto degli avvocati: la categoria prevede già un abbigliamento consono, come ricorda il presidente del consiglio dell’ordine, Alberto Marchesi. «Come avvocati siamo tenuti a comportarci in modo adeguato, anche in passato altri presidenti hanno sollecitato un vestiario idoneo. Un richiamo doveroso che ogni tanto è opportuno fare. Infatti, sia per il caldo sia per le mutate abitudini, a volte si vedono indumenti poco rispettosi. Non siamo in un luogo di culto, anche se spesso nelle chiese la situazione è la stessa, ma il richiamo è giustissimo e non abbiamo problemi a farlo osservare».